1665, Londra. La peste si sta diffondendo e solo un ristretto numero di medici, farmacisti ed ecclesiastici rimane nella capitale per aiutare a limitare il contagio, mentre la maggior parte della popolazione si ritira nelle campagne. Tra questi vi è Isaac Newton, da poco laureato, che per sfuggire alla peste torna in terra natia lasciando Cambridge dove da poco aveva iniziato un “master”. Questi saranno per lui anni fondamentali e proficui in cui getterà le basi per i suoi lavori sulla gravitazione e sull’ottica, occupandosi di matematica e fisica più di quanto non fece in seguito.
La storia si ripete ciclicamente e proprio per questo l’immagine di un giovane Isaac Newton con valige e probabilmente libri in mano che parte in fretta e furia da Cambridge per tornare nelle campagne isolate di Woolsthorpe, ci trasporta ai fatti più recenti. Ultimi giorni di febbraio 2020. Chiusura delle scuole e assalto ai treni da parte di studenti fuori sede desiderosi di tornare a casa.
Quelli passati sono stati mesi in cui il palcoscenico delle nostre giornate è diventato unicamente quello delle nostre mura domestiche. Tutto si è trasferito in quelle stanze che prima erano luogo di riposo e ristoro. La scuola ha lasciato la sua sede per tornare a essere vissuta in casa, come un tempo, dove i precettori si alternavano a quei tavoli domestici per insegnare le scienze, la storia e la letteratura.
Sono stati mesi in cui si sono alternate paure e nuove sfide, ma soprattutto abbiamo capito come internet e le nuove tecnologie, se utilizzati in maniera saggia, possano essere una grandissima risorsa.
“Questa continua distinzione tra vita virtuale e vita reale è stata superata, si parla sempre più di onlife e quindi è un intrecciarsi di queste due realtà”, afferma Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta, presidente della Fondazione “Minotauro” di Milano e docente presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università Milano-Bicocca. “Oggi si cresce online quindi vita reale o vita virtuale hanno superato questa netta distinzione. Bisogna educare all’uso consapevole e saggio di internet in funzione del futuro, piuttosto che limitarlo, come se fosse il vero problema all’apprendimento.”
Perdita di nozioni, o possibilità di crescita? “Se c’è un’area recuperabile è quella delle nozioni perse, non c’era mai stata tanta possibilità di recuperare nozioni anche attraverso la pervasività della rete. Quello che manca è come immergere le nozioni nella relazione. Certamente è l’aspetto che in questo momento è mancato, ma questa può essere l’occasione per recuperare e lavorare sulle altre aree cognitive della crescita come il dolore”, continua il professor Lancini. “Se gli adulti e la scuola sapranno utilizzare questa situazione così straordinaria di crisi per fare i conti con la fallibilità, la morte e gli aspetti che riguardano la vita e la formazione delle persone che non è solo nozionistica, questa in modo incredibile potrebbe essere un’occasione di crescita da parte delle generazioni future, una crescita anche culturale, una crescita affettiva, una crescita che magari limiti anche alcuni eccessi della società pre-coronavirus.”
Conclude Lancini, “Uno dei problemi della società odierna è la rimozione del dolore e del fallimento e degli inciampi dal processo di crescita, invece gli inciampi e i dolori fanno parte della crescita, nessuno trova il vero sé senza qualche fallimento e questa emergenza può essere un’occasione. Per questo ritengo che abbiano lavorato meglio quegli insegnanti che hanno approfittato di questa occasione per fare lezioni su quanto stava accadendo”
Didattica a distanza e nuove opportunità
Se dal punto di vista della crescita questo può essere un periodo di svolta e di occasione per i nostri adolescenti se aiutati nel modo corretto dagli adulti, un altro punto su cui riflettere è quello della scuola e delle nuove tecnologie che ci hanno aiutato in questi mesi, con differenze sostanziali da caso a caso. Ne ho parlato con la professoressa Lorella Giannandrea, docente di Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento presso l’Università di Macerata.
L’intera scuola si è trovata da un giorno all’altro di fronte a una doppia emergenza, quella del Covid-19 e quella della didattica. La tecnologia si sta rivelando fondamentale nell’affrontare questo periodo. Nella didattica e nell’educazione siamo di fronte a un punto di svolta o c’è il rischio che questa situazione possa creare un divario maggiore tra gli studenti?
Non c’è dubbio che l’emergenza generata dal Covid-19 abbia determinato una situazione che nella scuola non si era mai verificata fino ad ora. Non è possibile e non è neppure corretto generalizzare, ma l’impressione è che la tecnologia sia stata utilizzata a volte in maniera poco consapevole, spesso in modo esclusivamente strumentale. Non c’è stato il tempo e la possibilità per tutti i docenti di introdurre la tecnologia in maniera mirata e consapevole. Il rischio, almeno all’inizio, è stato quello di riprodurre le modalità di lavoro e le strategie che venivano utilizzate nella didattica in presenza. Purtroppo questo modo di lavorare si è rivelato subito poco efficace: in effetti i ragazzi non riescono a seguire una lezione “frontale” in videoconferenza per tempi lunghi, e tendono a distrarsi e a trovare delle strategie per sfuggire all’ascolto della lezione.
Questa situazione, molto impegnativa dal punto di vista cognitivo, rappresenta una sfida anche per gli studenti più coinvolti e competenti, ma rischia di diventare un ostacolo insormontabile per gli studenti in difficoltà e in generale per tutti quegli studenti che fanno fatica a concentrare l’attenzione o che prediligono modalità di approccio allo studio e ai contenuti non legate ai codici visuali e verbali.
Quali sono le problematiche relative all’uso della tecnologia nella didattica che più si sono manifestate in queste settimane?
All’inizio le problematiche più rilevanti si sono presentate nelle scuole che non avevano mai avuto esperienze di didattica mediata dalle tecnologie. Avviare dal nulla l’installazione di una piattaforma e creare accessi per docenti e studenti può essere molto impegnativo, mentre scuole che già erano “avviate” sull’uso di semplici piattaforme (Edmodo, Google Suite, Moodle) o che avevano sperimentato esperienze di didattica “flipped” si sono trovate avvantaggiate.
Col passare del tempo, secondo me, stanno emergendo con forza i veri problemi dell’utilizzo delle tecnologie nella didattica a distanza, che sono appunto legati al superamento degli aspetti “tecnici”. Gli insegnanti ora si chiedono: “una volta che ho avuto accesso alla piattaforma e che ho familiarizzato con gli strumenti di comunicazione, cosa posso fare con questi strumenti per rendere la lezione utile ed efficace?” e qui si apre un mondo di nuove sfide.
Come cambia il ruolo del docente nella didattica online rispetto a quella in presenza?
Nella didattica online il docente è “assente”. Questa è una provocazione, per dire che dobbiamo porci il problema di come rendere possibile l’agire didattico dell’insegnante in un contesto radicalmente differente da quello a cui l’insegnante è abituato. Se è vero che nella didattica online si perdono tutti quegli aspetti che rendono “viva” la comunicazione, come gli atteggiamenti del corpo, tutto il non verbale… è altrettanto vero che la “presenza online” del docente si caratterizza per una diversa azione: ha il compito di predisporre l’ambiente, il compito, le risorse e le modalità di lavoro per mettere l’allievo in condizione di apprendere in autonomia. Se il docente riesce a essere consapevole di questo cambiamento, riuscirà a proporre attività didattiche anche più ricche e coinvolgenti di alcune lezioni in presenza. Si tratta di assumere quel ruolo di consulente, facilitatore, tutor che spesso viene richiamato in letteratura, ma che non è una postura molto diffusa nella scuola.
È possibile mantenere un determinato grado di empatia e di comprensione degli alunni anche attraverso la didattica online?
Sicuramente sì. A condizione di prendere coscienza che si tratta di una situazione diversa, che richiede parametri e modalità di relazione differenti. Una criticità è rappresentata sicuramente dai tempi. Molte scuole hanno riproposto un tempo scuola simile a quello in presenza, mentre altre hanno concentrato l’attività didattica in una o due ore giornaliere. Se si pretende di mantenere invariata la quantità e la tipologia di attività da svolgere, chiaramente il tempo che il docente può dedicare alla “relazione” risulta compresso se non del tutto assente.
Progettare, pensare e gestire percorsi formativi online. Quali sono le sfide richieste al docente per arrivare ai suoi alunni?
Non è più possibile pensare che fare lezione si riduca a dettare una consegna, spiegare un argomento, correggere dei compiti assegnati a casa. Se l’obiettivo è fare in modo che gli alunni partecipino attivamente, dovremo progettare attività in cui gli studenti sono chiamati a progettare, a studiare problemi e proporre soluzioni, a collaborare sfruttando gli strumenti della comunicazione online. La didattica a distanza ci toglie qualcosa, ma ci offre anche delle risorse che la presenza non consente. Pensiamo alla possibilità di registrare le interazioni e riascoltarle, pensiamo alla documentazione che una piattaforma ci permette di conservare e rivedere. Tutti questi strumenti ci permettono di rivedere i lavori fatti, di riflettere sui progressi e sugli errori, ci permettono di mostrare ai compagni i nostri lavori e ricevere valutazioni e consulenza dai pari.
C’è il rischio che questa modalità di apprendimento vada a penalizzare ancora di più ragazzi disabili o ragazzi con difficoltà nell’apprendimento?
Molto, anche in questo caso, dipende dalla capacità dell’insegnante di progettare percorsi personalizzati calibrati sulle esigenze del singolo studente. In linea teorica, l’utilizzo dell’online consente al docente una multimodalità, una multicanalità che nella didattica tradizionale di solito non è presente. Ad esempio per una lezione in videoconferenza possono essere disponibili registrazioni audio, possono essere utilizzati i sottotitoli, possono essere previsti differenti materiali di studio (tradizionali materiali testuali, filmati, materiali audio-video per gli studenti con bisogni speciali o con problemi legati a dislessia o limitazioni sensoriali). Anche per la consegna dei compiti possono essere usati strumenti diversi venendo incontro alle esigenze specifiche del singolo studente.
Un altro rischio è che la didattica a distanza approfondisca le disuguaglianze legate al digital divide.
Sappiamo che alcune aree del paese sono ancora coperte parzialmente o non raggiunte da internet. Inoltre, per alcune famiglie in situazione di disagio economico o sociale non è garantita la possibilità di offrire a tutti i figli una strumentazione adeguata all’accesso alle attività della scuola. In tutti questi casi, la scuola e i comuni dovrebbero chiedersi come fare per garantire a tutti l’accesso all’istruzione, un diritto irrinunciabile e in quanto tale sancito dalla Costituzione.