La Nature Restoration Law e la strategia europea sulla biodiversità
Il 22 giugno 2022 la Commissione Europea ha avanzato un’importante proposta di legge, la Nature Restoration Law, che ha come obbiettivo non solo quello di proteggere gli ecosistemi e la biodiversità, ma anche quello di ripristinarli nelle zone in cui sono in cattive condizioni. Come afferma Bruno Pozzi, direttore dell’ufficio europeo dello United Nations Environment Programme (UNEP), “non è sufficiente conservare ciò che resta della natura, ecco perché la nuova proposta di legge europea, con l’obbligo di ripristinare il 20% delle terre e dei mari europei entro il 2030, è un forte messaggio per supportare il piano decennale delle Nazioni Unite sul ripristino degli ecosistemi in tutto il mondo”.
Questa legge è una parte importante della strategia europea sulla biodiversità, pubblicata per la prima volta il 20 maggio 2020, grazie alla quale l’UE mira a invertire il processo di degrado degli ecosistemi entro il 2030.
Ma cosa ci interessa della biodiversità?
Da anni la biodiversità, ovvero la varietà di organismi viventi nei rispettivi ecosistemi, è in calo in moltissime zone del mondo e l’Europa non è certo da meno. L’International Union for Conservation of Nature (IUCN), monitorando la conservazione di circa 6000 specie europee nel 2015, ha riscontrato che ad essere a rischio di estinzione è il 24% delle specie animali, in particolare il 59% delle specie di molluschi d’acqua dolce, il 40% di pesci d’acqua dolce e il 23% di anfibi. Nel 2020 le specie europee considerate in via di estinzione erano in totale 1677.
Preservare la biodiversità ha moltissimi benefici: le piante (ma anche alghe e batteri) assorbono CO2 contribuendo a mitigare l’effetto serra e a limitare il riscaldamento globale, insieme ad altri organismi contribuiscono a combattere il processo di degradazione del terreno, limitando i danni di inondazioni, alluvioni o smottamenti di vario genere. Non bisogna dimenticare inoltre gli organismi impollinatori, dai quali dipende circa il 75% delle colture alimentari mondiali.
Secondo il Forum Economico Mondiale, più della metà del PIL mondiale dipende dalla natura e dai servizi che offre (si pensi anche solo a settori quali costruzioni, agricoltura e alimentare). Pertanto qualunque danno agli ecosistemi può avere un grandissimo impatto anche a livello economico. Secondo la Commissione Europea, inoltre, per ogni euro speso nel ripristino della natura si ha un beneficio del valore compreso tra €8 e €38, quindi l’applicazione di questa legge non è necessariamente legata ad una perdita economica.
Cosa propone la legge?
L’obiettivo principale della Nature Restoration Law è quello di ripristinare gli ecosistemi degradati con particolare attenzione a quelli che potenzialmente possono avere un impatto maggiore sulla cattura di CO2 e possono ridurre i danni dovuti a disastri naturali. Ciò comporta l’estensione degli ecosistemi naturali e urbani, l’integrazione di zone adibite all’agricoltura con zone ad alta biodiversità, il ripristino di habitat marini, l’inversione del processo di declino degli insetti impollinatori, la creazione di 25000 chilometri di free-flowing rivers, ovvero di fiumi in cui l’acqua è libera di scorrere senza ostacoli di natura antropica, e tanto altro.
Nello specifico, la Commissione Europea si aspetta che, con l’applicazione di questa legge, venga ripristinato il 20% delle aree terrestri e marine a rischio entro il 2030 e la totalità degli ecosistemi bisognosi di un intervento entro il 2050.
Come si può vedere, si tratta di un progetto complesso e ambizioso, ma per fare tutto ciò che serve entro il 2030 non c’è tempo da perdere: i membri dell’UE sono tenuti ad aderire a questa strategia entro due anni dall’entrata in vigore della legge, specificando come intendono raggiungere gli obbiettivi preposti.
Ripristinare gli ecosistemi
Il ripristino di ecosistemi naturali, in ogni caso, è un’idea che è già in sviluppo da tempo: in passato sono stati eseguiti studi e progetti di questo tipo in tutta Europa. In Italia, per esempio, il progetto FAGUS (Forests of the Appennines: Good practices to conjugate Use and Sustainability) ha permesso di costruire un sistema di produzione del legno sostenibile nel Parco Nazionale del Gran Sasso e nel Parco Nazionale del Cilento, due aree protette nelle quali i boschi di faggi erano minacciati dalla silvicoltura e dai pascoli. Il progetto, iniziato nel 2012 e terminato nel 2017, non solo ha permesso la ricostituzione delle faggete del territorio, ma, di conseguenza, ha anche apportato benefici a popolazioni di altri organismi, come alcuni coleotteri e uccelli.
Questi interventi non si limitano esclusivamente alla terraferma: tra il 2011 e il 2016, è stato svolto un grande lavoro di ripristino delle aree marine del Mediterraneo. Questi territori, infatti, sono gli habitat ideali per la Posidonia oceanica, una pianta acquatica endemica del nostro mare che può formare veri e propri prati subacquei vicino alle coste contribuendo a creare ecosistemi adatti a molte specie marine, proteggendo le coste dall’erosione e assorbendo moltissima CO2, stimata in mezzo milione di tonnellate all’anno. Il progetto, chiamato Life Posidonia Andalucia, ha permesso di studiare approfonditamente lo stato di conservazione di queste piante nei territori dell’Andalusia, in Spagna e di migliorare i piani di creazione di nuove aree protette in tutto il resto del Mediterraneo.
Il ripristino degli ecosistemi è un’azione importante in quanto è alla base della creazione di un rapporto sostenibile tra l’essere umano e il resto della natura ed è un passo importante per creare un futuro più stabile e sicuro per tutti gli organismi viventi, uomo compreso. Inoltre, avere a disposizione una legge europea a riguardo, non solo indica agli stati europei la strada da percorrere, ma, come sostiene Thierry Lucas, coordinatore per la gestione degli ecosistemi in Europa dell’UNEP, è un forte segnale che “fornisce ispirazione per tutto il resto del mondo”.