Oltre il PIL. Nuove misure per il benessere di un Paese

La valutazione dello stato di salute complessivo di un Paese deve andare oltre la stima della sua ricchezza e della produzione interna lorda. Bob Kennedy già negli anni Sessanta metteva in discussione «l’intoccabilità» del PIL e da allora, negli anni a seguire, sono stati fatti numerosi tentativi di misurazione del benessere. Oggi, sebbene nella comunicazione mainstream si parli quasi esclusivamente di PIL che sale o scende, in tutto il mondo si sviluppano indicatori che valutano non solo il valore della produzione di un Paese ma anche la qualità della vita di tutte le persone che ci vivono, per esempio la libertà dei media, la sostenibilità ambientale, la felicità.

Nel 2008, su decisione del presidente Nicholas Sarkozy, è stata istituita una Commissione che indagasse la misura del progresso sociale sotto il coordinamento dei premi Nobel Joseph Stiglitz, Amartya Sen e dell’economista Jean-Paul Fitoussi. La Commissione ha sottolineato la necessità di spostare l’attenzione dalla misura della produzione di un’economia alla misura del benessere soggettivo delle persone definito in un’accezione multidimensionale: condizioni di vita materiali come reddito ricchezza e consumo ma anche salute, istruzione, attività personali, relazioni sociali, felicità, ambiente e infine sicurezza, di natura economica e fisica.

Nel 2010 in Gran Bretagna il premier David Cameron ha elaborato l’indice di General wellbeing. L’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e per lo Sviluppo Economico) nel 2012 ha sviluppato il SIGI (Social Institutions and Gender Index) che misura il livello di discriminazione delle donne in più di cento Paesi.

In Italia il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL) e l’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) nel 2013 hanno pubblicato il rapporto «Bes 2013», sul Benessere Equo e Sostenibile, per definire un insieme di indicatori sullo stato del progresso in Italia. Con questo rapporto il nostro Paese è dotato di uno strumento d’avanguardia per monitorare le condizioni economiche, sociali e ambientali in cui viviamo. Non possiamo che augurarci che questi modelli econometrici così altamente sviluppati, che offrono reali strumenti di previsione e di valutazione, possano servire per formulare poi delle politiche adeguate nella direzione di felicità e benessere sempre maggiori.

Lavora su questi temi il Laboratorio di Economica Locale (LEL) dell’Università Cattolica di Piacenza. Ne parliamo assieme al professore Paolo Rizzi, economista e direttore del LEL.

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