Negli ultimi decenni la sharing economy ha acquisito un’importanza crescente nel panorama economico-sociale. Quando si parla di sharing economy, si fa riferimento ad una particolare forma di economia: l’economia della condivisione.
Essa comprende diversi aspetti socialmente rilevanti: dall’opportunità di condividere una risorsa, un’idea, un’informazione a un modo alternativo di pensare all’economia, in una prospettiva più sociale. Condividere, nella sua accezione “tecnologica”, è ormai un termine che ha permeato il nostro linguaggio comune ed è il concetto portante dell’economia collaborativa.
Oggi emergono forme alternative di sistemi economici che fanno leva sul capitale sociale, sull’accesso al bene invece che alla sua proprietà e sulle relazioni di tipo orizzontale. L’elemento portante di tale economia è l’utilizzo di Internet: lo sviluppo delle nuove tecnologie ha permesso l’espansione di nuovi modelli economici in cui è possibile condividere idee, competenze, capacità, servizi e altro.
In una società come quella contemporanea, che secondo alcuni autori sta superando il capitalismo e che deve affrontare diverse problematiche come la crisi dei soggetti collettivi tradizionali, i processi di individualizzazione, la perdita dei valori tradizionali e l’instabilità lavorativa, la fiducia è diventata uno degli strumenti concettuali più utilizzati per comprendere e spiegare l’emergere di relazioni sociali capaci di far fronte ad un ambiente sempre più difficile.
Il capitale sociale può qui giocare un ruolo fondamentale. Garantire la stabilità e l’efficacia dei legami sociali all’interno delle nuove organizzazioni economiche è un’operazione affidata alla condivisione delle conoscenze e delle competenze che creano nuove reti sociali talvolta allocate in contesti geograficamente distanti ma rese possibili dallo sviluppo tecnologico dell’informatica.
Nello scenario attuale le risorse economiche non sono costituite più solo dal capitale fisso, ma anche dalle conoscenze, dalla creatività, dalla ricerca e innovazione e dalle relazioni sociali. Già nella fase postbellica, il sistema produttivo dominante basato sulla produzione di massa inizia a essere investito da problematiche che riguardano l’organizzazione del lavoro. Molti fattori istituzionali iniziano ad influenzare i processi di produzione: cresce l’innovazione nei prodotti e nei processi di produzione, la formazione professionale e la terziarizzazione. Si espande sempre più l’economia della conoscenza e dei servizi, che danno valore ai beni intangibili piuttosto che a quelli materiali, che permettono la diretta applicazione delle proprie competenze e conoscenze.
La tecnologia ha qui un ruolo fondamentale perché sostituisce la struttura fisica e permette la gestione dei servizi organizzativi e la partecipazione degli individui ai sevizi collaborativi. Il mezzo abilitante che nella società di mercato era costituito dalla fabbrica, nella società contemporanea è rappresentato dalla tecnologia. Le ICT (Information e Communication Technology) hanno dato una forte spinta ai nuovi modelli economici basati sulla collaborazione e condivisione di beni, servizi, conoscenze, competenze. Sostanzialmente sull’accesso al bene piuttosto che alla proprietà: oggi la questione dell’accesso ha attirato l’attenzione di molti e la rivoluzione tecnologica ha dato vita a forme di comunicazione mediate tecnologicamente, a reti virtuali che diventano sempre più indispensabili in un mondo connesso.
Jeremy Rifkin ne L’era dell’accesso afferma che: “La possibilità stessa di connettersi con i propri simili, di esercitare attività economiche, di creare comunità rette da interessi condivisi, di dare un significato all’esistenza, è sempre più vincolata a queste nuove forme di comunicazione elettronica. […] di conseguenza, la questione dell’accesso diventa una fra le più importanti, per l’epoca che ci attende” (Rifkin 2001, p.312).
Oggi le nuove tecnologie consentono di accedere ai mercati in modo rapido, diffuso ed a costi relativamente contenuti, abbattendo così la barriera all’ingresso dovuta alla disponibilità di capitale finanziario e aprendo opportunità innovative al nuovo modello economico e sociale che si sta affermando.
Si tratta di un modello economico sempre più “sociale” che va incontro a una maggiore richiesta di flessibilità da parte delle imprese e si propone come modello alternativo e sostenibile capace di affrontare la nuova crisi. Così come un nuovo sviluppo del capitalismo si configurò come una via d’uscita alla crisi del ’29, allo stesso modo i servizi collaborativi e la nuova economia della condivisione si propongono come modelli che possono affrontare le difficoltà legate alla crisi del 2008.
La trasformazione dell’organizzazione del lavoro, che nell’era del capitalismo aveva dato vita a nuove categorie sociali (la classe operaia), oggi vede nascere nuove figure professionali dotate di competenze e conoscenza che possono soddisfare il mercato post-industriale. Figure che sostituiscono alla meccanicità dell’azione lavorativa, la creatività e l’innovazione, tipiche della società della conoscenza. Dopo la crisi del 2008, queste figure professionali, come designer, ricercatori e in generale lavoratori della conoscenza, si sono trovate in una situazione di non garanzia, sia dal punto di vista contrattuale sia dal punto di vista della rendita economica. Questi lavoratori dell’immateriale si sono trovati fuori dal mercato e hanno cercato delle forme di coesione che puntano non più sul capitale finanziario ma sul capitale sociale.
Diversi studiosi che si sono interessati alla sharing economy hanno contribuito a definire il fenomeno partendo dal concetto stesso di condivisione: “Condivisione significa mettere in comune un bene che appartiene a un individuo ma che viene utilizzato da più persone” (Mainieri 2013, p. 43.).
Michel Bauwens, economista fondatore della P2P Foundation, afferma che: “Ci stiamo muovendo da un’economia di scala, adatta ad un periodo storico in cui abbondavano l’energia e le materie prime, ad un’economia di scopo, basata sul principio della condivisione delle conoscenze (es. fare di più a partire dalla stessa risorsa)”. [1]
Rachel Botsman, importante studiosa della sharing economy, afferma in una conferenza al TEDxSydney [2] che il consumo collaborativo “è una forza culturale ed economica potente che re-inventa non solo quello che consumiamo ma anche il modo in cui lo consumiamo. Si sta verificando un fenomeno estremamente importante con enormi implicazioni commerciali e culturali. Questa tecnologia sta favorendo la fiducia tra estranei.” [3]
Roberta Carlini, autrice del libro L’economia del noi. L’Italia che condivide (2011) parla della sharing economy come fenomeno che sta cambiando il modo di pensare all’economia nelle società odierne, che sostituiscono il “noi” all’ “io”. Definisce la sharing economy “l’economia del noi” ovvero “un insieme di esperienze fondate su legami sociali, nelle quali gruppi di persone entrano in relazione e cercano soluzioni comunitarie a problemi economici, ispirate a principi di reciprocità, solidarietà, socialità, valori ideali, etici o religiosi. Fuori dalla logica esclusiva dell’homo economicus, spesso contro di essa, ma dentro il mercato. Fuori dalla scena politica internazionale, ma spesso con l’ambizione di portare una propria visione politica nel fare quotidiano. Fuori dall’universo chiuso dei beni proprietari, nello spazio aperto dei beni comuni.” [4]
Oggi, all’interno della sharing economy troviamo numerosi servizi che hanno a che fare con la mobilità, con il turismo, con la cultura e il tempo libero.
Per quanto riguarda la mobilità, le attività di car sharing presenti nel territorio nazionale sono ormai entrate nell’uso quotidiano delle persone che cercano di sostituire il free floating all’auto privata. Anche il famosissimo Airbnb, una delle piattaforme più famose dal punto di vista dell’accoglienza, sta sostituendo il pernottamento in albergo con l’ospitalità offerta dagli host che mettono in affitto stanze della casa per i loro guest.
Questi sono solo alcuni esempi che ci spingono a pensare in una chiave più sociale e sostenibile all’economia. Attività innovative capaci di rispondere ai bisogni sociali in maniera alternativa rispetto a quanto accadeva in passato.
[1] In rete http://www.doppiozero.com/materiali/chefare/michel-bauwens-le-4-dimensioni-della-sharing-economy
[2] TED (Technology Entertainment Design) è una conferenza che si svolge ogni anno a Monterey in California, in cui è possibile presentare idee che valgano la pena di essere diffuse, secondo il motto proprio del TED “ideas worth spreading”. I TEDx sono invece eventi TED talks che vengono organizzati sotto autorizzazione gratuita del TED in qualsiasi città. In questo caso Rachel Botsman ha presentato la sua idea di sharing economy nel maggio 2010 a Sidney.
[3] In rete http://www.ted.com/talks/rachel_botsman_the_case_for_collaborative_consumption?language=it
[4] In rete http://www.robertacarlini.it/leconomia-del-noi-introduzione