Se il Giacomo Leopardi della maturità guardava alla natura con pessimismo, giudicandola matrigna crudele e indifferente ai dolori dell’uomo, dopo la rivoluzione industriale i ruoli sembrano per così dire essersi invertìti.
Infatti, se finora abbiamo sempre tenuto la testa sotto il cuscino, sottovalutando i mòniti delle scienze ambientali riguardo allo stato di sofferenza del nostro pianeta, oggi l’enorme mole di dati che la climatologia ha collezionato, il recente moltiplicarsi di eventi anomali in tutto il globo (siccità, ondate di calore, trombe d’aria, scioglimento dei ghiacciai, alluvioni) e le roventi temperature medie degli ultimi anni, rappresentano prove schiaccianti di una verità che non possiamo più ignorare: i cambiamenti ambientali non sono una fluttuazione statistica ma mostrano una tendenza precisa, originata dall’attività umana. Tutti i piu’ recenti e autorevoli studi climatologici sono concordi: il clima della Terra è cambiato e il responsabile di questo cambiamento è l’uomo con l’enorme impatto delle sue attività.
Gli ultimi lavori scientifici non si focalizzano più solo sui cambiamenti del clima ma aprono la visuale a un contesto più ampio, introducendo altri fattori che si influenzano reciprocamente, in un complesso sistema di feedback a doppio filo. Secondo la geologia oggi ci troviamo nell’Olocene, un‘ era geologica iniziata circa 10 mila anni fa, nella quale, rispetto alle ere precedenti, la temperatura terrestre si è stabilizzata e la specie umana ha trovato le condizioni ideali per vivere e proliferare. Con la rivoluzione industriale, però, l’umanità ha modificato notevolmente i suoi stili di vita e, specie dagli anni ’50 in poi, ha attinto avidamente alle risorse della Terra e ha aumentato notevolmente il suo impatto sugli ecosistemi, sottoponendo Gaia (così chiamò il nostro pianeta il chimico James Lovelock, assimilandolo a un organismo vivente e battezzandolo col nome della più antica divinità della Terra) a molteplici fattori di stress.
Analizzando l’andamento nel tempo di varie grandezze fisiche e non solo (il tasso di anidride carbonica, di ossido di diazoto, di metano nell’atmosfera, il ritmo della deforestazione, gli esiti di una pesca incontrollata, il ritmo di estinzione delle specie) si nota infatti una caratteristica comune: tutte queste grandezze, a partire dagli anni ’50 in poi hanno conosciuto un tasso di crescita enorme che prima non avevano mai avuto.
Lo scienziato e climatologo Johan Rockström, studioso della resilienza dei sistemi complessi, ha elaborato assieme a un’équipe di altri 26 autorevoli scienziati di tutto il mondo uno studio, che è stato pubblicato su Nature nel 2009, che rappresenta oggi il modello di riferimento delle scienze climatologiche e che ha cambiato i paradigmi di comprensione e gli orizzonti entro cui si muovono le scienze del clima. Lo studio individua 4 grandi fattori di stress per il pianeta: la crescita costante della popolazione mondiale e il suo stile di vita insostenibile, il riscaldamento globale, il declino degli ecosistemi e un eventuale quarto fattore “sorpresa” che è legato all’imprevedibilità dell’andamento della sua resilienza.
La Terra viene descritta come un sistema dinamico che possiede multipli stati di equilibrio e una sua resilienza, ovvero una sua capacità di reagire con flessibilità agli stress esterni a salvaguardia della propria omeostasi.
Ragionando per immagini, il pianeta è come una grande biglia che rotola sopra un binario metallico curvo che presenta colline e depressioni, un po’ come un litorale presenta golfi e promontori. Le depressioni sono le conche dove Gaia si trova in uno stato di equilibrio e più sono profonde più la sua resilienza in quello stato di omeostasi è elevata. Possiamo identificare lo stress da cui è affetto il pianeta con Efesto, il dio greco della metallurgia, il fabbro che con il calore del suo fuoco mette a dura prova la resilienza di Gaia, riscaldandola e deformandola.
Gli scienziati temono che il pianeta possa, senza dare avvisaglie, precipitare bruscamente in altri stati di equilibrio, indesiderati, che imporrebbero nuove logiche biofisiche portando il sistema a comportarsi in modo “non lineare” e quindi totalmente imprevedibile.
Questo cambiamento nella resilienza sta avvenendo già adesso e abbiamo diverse prove degli assestamenti da uno stato di equilibrio a un altro. Ad esempio la sofferenza delle barriere coralline della fascia tropicale. Le barriere coralline stanno morendo, distrutte e corrose dall’acqua degli oceani sempre più acida e calda.
La temperatura elevata e l’acidità sono fattori di stress importanti per i coralli e per il carbonato di calcio dei loro delicati esoscheletri. ll processo purtroppo appare irreversibile. Si stima infatti che entro il 2050 le barriere coralline della fascia tropicale saranno scomparse e già entro il 2030 circa il 60% di tutte le barriere coralline di tutto il pianeta moriranno (U.S. NOAA, National Oceanic Atmospheric Administration).
Oppure possiamo considerare lo scioglimento del ghiaccio dell’Artico. Sembrava apparentemente godere di ottima salute quando nel 2007 improvvisamente il sistema perde il 30-40% di copertura estiva di ghiaccio, mentre risale a Maggio di quest’anno il record di minima estensione mensile da quando vengono effettuate le rilevazioni satellitari e tutti i mesi del 2016, ad eccezione di Marzo, sono risultati sotto media per quanto riguarda l’estensione del ghiacciaio.
Va poi tenuto presente che ogni cambiamento ne influenza e mette in moto degli altri in rapporti di causa-effetto che è arduo prevedere. Ad esempio, se alle alte latitudini viene assorbita piu’ energia elettromagnetica per l’aumento dei gas serra in atmosfera, i ghiacciai si sciolgono più rapidamente, ma se i ghiacciai si riducono il pianeta diventa piu’ scuro e quindi acquista una maggiore capacità di assorbire l’energia elettromagnetica solare e di dissiparla sotto forma di calore e quindi in definitiva di riscaldarsi. Questo fa sì che anche gli oceani si riscaldino e di conseguenza rilascino piu’ anidride carbonica, proprio come fa una lattina di Coca Cola quando viene scaldata. Un aumento dell’anidride carbonica nell’ atmosfera causa a sua volta un aumento della temperatura in un circolo vizioso che si autoalimenta e autoamplifica. Lo scioglimento del permafrost (il suolo dei climi freddi delle alte latitudini perennemente gelato in profondità) porta all’emissione di metano nell’atmosfera che secondo studi portati avanti dall’Istituto di biometeorologia del CNR a partire dal 2005 causa un effetto serra maggiore della CO2. Un’ altra conseguenza dell’aumento delle temperature è la perdita di biodiversità associata all’estinzione delle specie che contribuisce a diminuire la resilienza del pianeta. Stime dell’IPCC indicano che continuando di questo passo saranno estinte entro fine secolo dal 20 al 50% di tutte le specie .
Quali sono i processi ambientali che l’umanità dovrà preservare per evitare che Gaia precipiti in una nuova era geologica inospitale per la vita? L’ équipe di Rockstrom ha introdotto dei “confini planetari”, che definiscono e delimitano quantitativamente uno “spazio operativo sicuro per l’umanità” come una condicio sine qua non per lo sviluppo sostenibile. Uno “steccato” di sicurezza formato da 9 confini da non oltrepassare. Essi sono: il tasso di perdita di biodiversità, il livello di acidificazione degli oceani, il tasso di sfruttamento del suolo, il tasso di consumo di acqua dolce, il livello di ozono nell’atmosfera, il cambiamento climatico, il livello di inquinamento chimico, l’equilibrio nei cicli dell’azoto e del fosforo, la quantità di particolato atmosferico. Se fino agli anni ’50 l’umanità si trovava ancora all’interno di tutti i 9 confini di sicurezza, negli anni ’60 con l’ industrializzazione dell’agricoltura e il prelievo dell’azoto dall’atmosfera abbiamo oltrepassato il limite di sostenibilità del ciclo dell’azoto. Il confine sul cambiamento climatico viene superato agli inizi degli anni ’90, mentre oggi abbiamo “sfondato” anche un terzo confine, quello relativo alla perdita di biodiversità e stiamo avanzando rapidamente verso i limiti anche per quanto riguarda lo sfruttamento del suolo, del fosforo, dell’acqua e dell’acidificazione degli oceani.
Un’ altra personalità autorevole e carismatica che ha collaborato all’equipe di lavoro guidata da Rockström è James Hansen, astrofisico, climatologo ed attivista. Negli anni, Hansen, ha avuto diversi problemi con la legge a causa dell’attività di divulgazione delle sue ricerche e della sua tenace opera di sensibilizzazione delle masse sulle questioni ambientaliste. Le ricerche di Hansen si orientano prevalentemente verso il “ global warming”, l’effetto serra e i cambiamenti climatici. Ha cominciato ad occuparsi di effetto serra quasi per caso, mentre compiva studi spettroscopici sull’atmosfera di Venere. Approfondendo l’atmosfera terrestre gli è parso subito chiaro che questa stava negli anni cambiando composizione chimica.
L’effetto serra è un fenomeno ben noto sin dagli inizi del ’900. Già negli anni ’50 il fisico inglese Tindall misuro’ la radiazione infrarossa emessa dalla nostra atmosfera che è un parametro che in fisica equivale a misurare il calore emanato da un oggetto. Tindall dimostrò che l’anidride carbonica è un gas che assorbe calore, agendo come una “coperta” sulla superficie terrestre. Infatti, come tutti i gas serra, possiede delle particolari proprietà molecolari tali per cui, da una parte lascia penetrare la radiazione in entrata proveniente dal sole e dall’altra fa da “schermo” per quella in uscita, intrappolando nell’atmosfera energia elettromagnetica che viene poi dissipata sotto forma di calore. L’effetto è tanto piu’ amplificato quanta piu’ anidride carbonica è presente nell’atmosfera. E’ stato calcolato che lo squilibrio energetico globale, ovvero l’energia in eccesso intrappolata sul nostro pianeta, si aggira intorno a 6/10 W/m^2 che sembra un dato modesto ma è un quantitativo energetico immenso: è circa 20 volte il fabbisogno energetico giornaliero di tutta l’umanità e, per dare un‘ idea, è approssimativamente equivalente all’effetto di 400 mila bombe di Hiroshima al giorno, per tutti i giorni dell’anno, come stimato da James Hansen.
Monitorando la storia del clima sulla terra negli ultimi 800 mila anni, si puo’ vedere che c’è una stretta correlazione tra l’aumento della temperatura, i livelli di anidride carbonica nell’atmosfera e il livello dei mari. Si vede come cambiamenti di temperatura anticipano quelli di anidride carbonica di qualche secolo. Questi dati sono stati usati e strumentalizzati dai negazionisti sui cambiamenti climatici per affermare che in realtà è l’aumento di temperatura a provocare un aumento dei gas serra nell’atmosfera e non viceversa. Ma cio’ secondo Hansen è totalmente errato e strumentale. Infatti, l’ orbita ellittica della terra, circa ogni 100 mila anni muta la sua eccentricità. Tale variazione ha effetti sulla quantità di radiazione solare ricevuta dalla Terra perché cambiano le distanze della Terra dal Sole nel momento dell’afelio e del perielio. Secondo Hansen e il suo team, ci sono stime che indicano che continuando a bruciare combustibili fossili per tutto il prosieguo di questo secolo e quindi continuando ad immettere anidride carbonica in atmosfera al ritmo attuale, il livello degli oceani potrebbe innalzarsi da 1 a 5 metri. Il punto importante è capire che, nel caso ci arrivassimo, avremmo iniziato un processo fuori controllo e quindi totalmente imprevedibile, con ghiacciai in scioglimento perenne per secoli e la scomparsa di litorali costieri stabili, con danni economici incalcolabili.
Alla luce di tutto questo appare più che mai necessario, tramite l’informazione e la divulgazione, instillare nella società civile, soprattutto tra i piu’ giovani, una nuova sensibilità condivisa, un nuovo paradigma di valori dove l’attenzione alla natura e ai suoi ecosistemi sia centrale, che si traduca in uno stile di vita consapevolmente sostenibile. Uno stile di vita che rispetti a 360° le forme di vita del pianeta e la varietà dei suoi ecosistemi, che sono ricchezza inestimabile e serbatoio di resilienza per la Terra. E’ importantissimo che ognuno dia il proprio contributo, compiendo scelte consapevoli. Alcuni accorgimenti utili per minimizzare l’impatto di ognuno di noi sul pianeta sono: rispettare la natura e la biodiversità di specie animali e vegetali che la popolano, scegliere un’alimentazione prevalentemente vegetariana che minimizzi il consumo del suolo e lo spreco dell’acqua (scegliendo ad esempio prodotti alimentari per la cui messa in commercio non si distruggano ettari di foreste per fare spazio alle coltivazioni intensive destinate al bestiame da allevamento), minimizzare l’inquinamento dell’atmosfera (evitando di usare l’automobile o veicoli inquinanti e privilegiando per gli spostamenti la bicicletta o i veicoli ecologici), scegliere, se possibile, per le nostre abitazioni impianti di riscaldamento a energia pulita (solare, fotovoltaico o eolico) e, se non è possibile efficientare quelli che già abbiamo, evitare le dispersioni termiche, fare la raccolta differenziata dei rifiuti. Nonostante la situazione sia allarmante possiamo tuttavia ritenerci una generazione fortunata: siamo infatti la prima a possedere strumenti scientifici adeguati ad informarci del fatto che stiamo minando alla nostra stessa sopravvivenza sulla Terra. Siamo ancora in tempo a invertire la rotta, per lasciare in mano ai nostri figli un pianeta vivibile. Ma è necessaria un’ azione di massa della società civile, che dopo aver preso coscienza dell’importanza della questione, in modo organizzato e coordinato si mobiliti per fare pressione sui poteri forti. Per rendere l’idea della situazione, Hansen ricorre alla metafora dell’asteroide. Un’asteroide in rapido avvicinamento verso la Terra, che minaccia di colpirla se la sua traiettoria non verrà deviata. Le conseguenze dell’impatto sarebbero catastrofiche e farebbero piombare il pianeta in uno stato indesiderato che potrebbe minacciare la sopravvivenza dell’umanità. Piu’ tardivo sarà il nostro intervento per deviarne la traiettoria e piu’ questo richiederà energia, sforzi e risorse.
FONTI
“Johan Rockstrom: Let the environment guide our development”
https://www.youtube.com/watch?v=RgqtrlixYR4&list=PLMT40f4H3VVoLeg6v-_QPfKSXPZRXU6QH&index=1
“James Hansen: Why I must speak out about climate change”
https://www.youtube.com/watch?v=fWInyaMWBY8&list=PLMT40f4H3VVoLeg6v-_QPfKSXPZRXU6QH&index=2
“A safe operating space for humanity”, Nature, Gennaio 2013.