Ripensare la formazione scolastica sulle orme di Ernst Mach

“O frati”, dissi “che per cento milia
perigli siete giunti a l’occidente,
a questa tanto picciola vigilia
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d’i nostri sensi ch’è del rimanente,
non vogliate negar l’esperienza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.
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Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza”

Inferno, Canto XXVI – Dante Alighieri

Quante volte, chini sui banchi di scuola, abbiamo sbuffato alla richiesta dell’occhialuto insegnante di turno, di svolgere la solita e noiosa parafrasi dei testi dei grandi poeti del passato. -Così si uccide la poesia!- avranno forse tuonato i più acuti. -Che due scatole!- si saranno limitati a pensare i restanti.

Quest’esercizio si può tranquillamente ascrivere a quell’insieme di pratiche didattiche che non si esita a definire riduzioniste. Si tratta certamente di attività noiose, ripetitive, quasi meccaniche e che di certo tendono ad appiattire il pensiero creativo. Al tempo stesso, però, la parafrasi è una strategia utile per comprendere. Del resto capire non è che riuscire a esprimere un contenuto in un altro modo, riformulandolo.
Appunto, parafrasandolo.
Evidentemente, l’importante è non dimenticare che queste pratiche non sono che strumenti e che non possono essere elevate a contenuti a meno di non voler ridurre una poesia alla somma algebrica delle parole che la compongono.

Purtroppo, sebbene quest’approccio riduzionista, necessario ma non sufficiente, sia particolarmente evidente nell’insegnamento delle materie umanistiche, in forma più sottile e forse subdola, emerge anche nell’insegnamento delle scientifiche.
Questo traspare dalla frammentazione delle materie scientifiche in tutte le scuole di ordine e grado, con poche eccezioni: la matematica, la fisica, la chimica e la biologia sono affrontate con tempi diversi, approcci e programmi spesso in contrasto l’uno con l’altro. Sarebbe come pensare di studiare grammatica, letteratura e scrittura separatamente, senza alcun contatto fra le tre diverse discipline.
Innegabilmente, ciò che emerge da questo sistema è una visione frammentaria di quelle che sono le Scienze Naturali, che tende a ridurre ciascuna di esse entro un recinto già tracciato e che impedisce che venga trasmesso il grande messaggio filosofico e formativo che queste discipline hanno insito nella loro struttura: il metodo d’indagine, il ragionamento logico-deduttivo e, soprattutto, l’importanza dell’errore.

La multi-dimensionalità e complementarietà di queste discipline ne esce sminuita; le competenze sono parcellizzate: il riduzionismo, quello di stampo ottocentesco, dilaga.

Forse, nonostante un secolo ci separi dai suoi scritti sulla scuola, sarebbe necessario recuperare il pensiero di un grande scienziato del passato: Ernst Mach. Il fisico austriaco, riconosciuto da Einstein come il miglior didatta del suo tempo, fu un vero e proprio precursore nel campo della didattica della scienza. Egli proponeva approcci antidogmatici, interattivi, in cui l’apprendimento mnemonico andava di pari passo, ed era sostenuto, da una continua ricerca dell’esperienza diretta.
Per lui, biologia, fisica e chimica erano tutte espressioni della stessa radice culturale ed erano fondamentali nella formazione del giovane studente tanto per il loro valore metodologico, quanto per lo sviluppo psicologico dell’alunno. Interrogandosi sull’arretratezza della cultura scientifica nel suo paese, pretese fondi governativi per favorirne la diffusione; scrisse numerosi testi didattici e contribuì a rivoluzionare i programmi delle scuole austriache.

Oggi come allora, anche noi in Italia avremmo bisogno di una visione più a lungo termine. La frammentazione del programma poteva essere efficace fin che si trattava di formare cittadini del secondo Novecento ma, oggi, in un periodo storico e culturale in cui assistiamo ad uno sviluppo sorprendente di nuovi mezzi di partecipazione e di informazione, tale richiesta formativa deve essere adattata alle nuove sfide della società della comunicazione.
Ecco che unificare ciò che è diviso, isolato, frammentato, creando ponti fra le diverse competenze, dovrebbe diventare il terreno su cui poter allevare le nuove generazioni. La sfida cui è chiamata oggi la scuola è di educarci alla complessità e le scienze naturali potrebbero rappresentare la chiave di volta di questo progetto.

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