Il termine Open Source letteralmente significa “sorgente aperta”. In informatica indica un software in cui gli autori (o coloro che ne detengono i diritti) rendono pubblico il codice sorgente, favorendo il libero studio e l’analisi del programma rendendolo disponibile anche a modifiche o estensioni.
Durante gli anni Ottanta e Novanta, con l’esponenziale crescita del mondo dell’informatica, si è passati da un modo di agire “libero” alle restrizioni del software proprietario, con tutte le implicazioni del caso. Nasce così, nel 1998, il termine Open Source [1], che ha inteso ristabilire una nuova versione di tendenza e un ritorno alla libera circolazione delle informazioni relative ai programmi. Avere a disposizione il codice sorgente permette, in questo modo, ai programmatori e agli utenti avanzati di modificare il programma a loro piacimento, adattandolo cosi alle proprie necessità e scopi. L’open source diviene cosi una vera e propria scelta di campo in favore della libertà di circolazione e dello scambio di idee, in modo da consentire una crescita che coinvolga tutta l’utenza e non sia legata alla disponibilità economica. L’impiego di software open source può consentire, infatti, di risparmiare sull’acquisto delle licenze dei programmi favorendone cosi la diffusione anche a scopi didattici e divulgativi.
I termini Open source e software libero descrivono all’incirca la stessa categoria di software ma open source indica criteri leggermente più deboli rispetto a quelli previsti per il software libero. Tutto il software libero è anche open source. Come quasi tutto il software open source è anche software libero ma ci sono delle eccezioni. Ci sono poi i dispositivi cosiddetti “tiranni”, in quanto impediscono e limitano la libertà di scelta, modifica e estensione di un programma e che quindi non permettono l’installazione di un altro sistema operativo. Apple, ad esempio, non permette l’installazione di sistemi operativi o software non approvati dal costruttore. Inoltre MacOS permette la sincronizzazione con altri dispositivi solo quando possiedono il “marchio della mela”. All’interno dei Mac vengono installati dei sistemi di controllo in grado di rilevare l’integrità dei programmi per impedire all’utente di installare software diversi; solo l’azienda può produrre eseguibili che funzionano sul dispositivo che può sfruttarne tutte le capacità. Ma Apple non è l’unica azienda ad aver messo in commercio prodotti tiranni. Esistono esemplari di dispositivi con sistema operativo Android (basato su Linux) tirannizzati. Anche se il sistema operativo deriva da un codice sorgente libero, gli utenti non possono eseguire versioni modificate del software, quindi l’eseguibile non è libero. I criteri per l’Open source sono più deboli in quanto non riconoscono questo “problema” perché si limitano a guardare solo la licenza del codice sorgente.
Sebbene il termine Open source abbia avuto origine nel mondo dei software e dei computer, oggi indica un insieme di valori – progetti, prodotti, idee, iniziative, programmi open source – che abbracciano e celebrano uno scambio aperto, una partecipazione collaborativa, uno sviluppo di una comunità in cui predomina la trasparenza.
Alla filosofia del movimento open source si ispira il movimento open content (contenuti aperti). E’ un termine coniato in analogia all’open source e descrive un qualsiasi tipo di lavoro o contenuto, pubblicato sotto una licenza libera che permette esplicitamente la copia e la modifica da parte di qualcun altro. In questo caso ad essere liberamente disponibile non è il codice sorgente di un software ma i contenuti editoriali quali testi, immagini, video e musica. Wikipedia è un chiaro esempio dei frutti di questo movimento. L’open content favorisce e facilita la democratizzazione della conoscenza e la sua diffusione opponendosi cosi al diritto d’autore e ai monopoli. Open content diventa uno strumento per condividere il sapere, in quanto il presupposto intrinseco per la condivisione del sapere è l’accessibilità al sapere stesso.
Linux
Quando si pensa al software libero è quasi immediata l’associazione a Linux, un sistema operativo completamente gratuito. Linux è il free software per antonomasia, infatti viene distribuito con una licenza che ne permette non solo l’utilizzo da parte di chiunque e in qualsiasi circostanza ma anche la modifica, la copia e l’analisi. È una valida alternativa a Windows e a MacOS e può essere installato al loro posto o insieme, sullo stesso computer.
“Linux” è tipicamente usato come termine generico per indicare un sistema operativo con determinate qualità, nel concreto esistono le distribuzioni.[2]
Le distribuzioni sono delle “varianti” del software messe a disposizione degli utenti per semplificarne l’installazione e l’utilizzo. Ogni distributore modifica e aggiorna la versione software offrendo il free download di sistemi operativi con stili grafici e personalizzazioni differenti. Una distribuzione può essere creata prendendo spunto da altre distribuzioni e questo è ovviamente lecito nell’ambito del free software. Un esempio lampante è la creazione di Ubuntu, basato su Debian.
Debian è un progetto volontario di sviluppo di una distribuzione GNU/Linux. Nato più di venti anni fa, è cresciuto fino a coinvolgere oltre 1000 membri con lo status di sviluppatori ufficiali, più numerosi altri volontari e collaboratori. Il suo Archivio contiene più di 35.000 pacchetti, tra software e documentazione, esclusivamente composti da Software Libero.
Debian e Ubuntu sono fondati sulla stessa filosofia del Software Libero. Entrambi i progetti sono impegnati nella costruzione di un Sistema Operativo composto completamente gratuito e aperto. La differenza tra i due progetti si riscontra nella distribuzione di alcuni software non rigorosamente aderenti alla definizione di Software Libero. Mentre Ubuntu distribuisce alcuni pacchetti di software non-libero (pochi e limitati, ad esempio alcuni font, o firmware e driver proprietari per alcuni hardware), Debian è composta esclusivamente da software al 100% rispondente alle Debian Free Software Guidelines.
Senza dubbio Ubuntu rappresenta una delle distribuzioni più conosciute. La sua mission è molto simile a quella di altre distribuzioni GNU/Linux: “Crediamo nell’informatica per tutti, veloce ed efficace. Ubuntu è creato dalla comunità open source e da Canonical, è libero per l’uso e la condivisione, a casa e in ufficio”. La sua filosofia, inoltre, abbraccia apertamente sia il concetto di Software Libero sia quello di Open Source.
Punto a favore di Ubuntu è proprio il supporto da parte di Canonical, una società privata fondata e finanziata dall’imprenditore sudafricano Mark Shuttleworth per la promozione di progetti legati al software libero. Canonical è nata al fianco di Ubuntu per permetterne una maggiore diffusione e per aiutare governi e aziende di tutto il mondo, fornendo supporto per il software.
In confronto a Debian, Ubuntu, è relativamente giovane, nasce infatti nel 2004 quando Shuttleworth cominciò a coordinare un piccolo ma talentuoso gruppo di sviluppatori software, per dar vita a una nuova e rivoluzionaria versione di Linux. L’interesse per Ubuntu fu enorme sin da subito. Circa 3 mila messaggi arrivarono alla mailing list ubuntu-users nelle sole prime due settimane e gli obiettivi comuni a tutto il progetto furono oggetto di attrazione per sviluppatori che contribuirono alla sua crescita.[3]
Oggi Ubuntu è ampiamente diffuso in tutto il mondo e sta incrementando il suo mercato introducendo il suo OS anche negli smartphone, appoggiandosi all’azienda cinese Meizu che sta vendendo alcuni smartphone a prezzi accessibili.
Il nome Ubuntu si riferisce a una filosofia diffusa nell’Africa Sub-sahariana, che si focalizza sulla lealtà e sulle relazioni reciproche delle persone. È un’espressione in lingua bantu che indica “benevolenza verso il prossimo”. È una regola di vita, basata sulla compassione e il rispetto dell’altro. Appellandosi all’ubuntu si è soliti dire «Umuntu ngumuntu ngabantu» e cioè «io sono ciò che sono in virtù di ciò che tutti siamo». L’ubuntu esorta a sostenersi e aiutarsi a vicenda, a prendere coscienza non solo dei propri diritti, ma anche dei propri doveri: è una spinta ideale verso l’umanità intera. È quindi chiaro che parlando di Ubuntu come sistema operativo non ci si può riferire a un puro prodotto informatico, bensì a qualcosa di più: alla realizzazione concreta di una filosofia di vita.
La distribuzione Linux più diffusa rimane comunque Linux Mint. È la più famosa distribuzione Linux e il terzo sistema operativo desktop più utilizzato dopo Microsoft Windows e Apple Mac OS. Anche in questo caso si assiste alla commistione di più distribuzioni, Linux Mint è infatti basato su Debian e Ubuntu, ottenendo così un’ottima gestione del software.[4]
[2] Cos’è Linux – http://www.linux.it/linux
[3] Storia e filosofia di Ubuntu – http://www.ubuntu-it.org
[4] Linux Mint – www.linuxmint.com