La cava archeologica di Misliya, in Israele, ci ha regalato una scoperta sorprendente. Una piccola porzione di mandibola potrebbe riscrivere completamente una parte della nostra evoluzione come Homo sapiens. E far sorgere l’ipotesi di una sua possibile interazione con altre specie umane oggi estinte.
La paleantropologia classica descrive la nascita della nostra specie nel continente africano attorno a 200 mila anni fa. Sempre secondo i testi, circa 100 mila anni dopo ci siamo avventurati fuori dal continente, iniziando a esplorare il Medio Oriente prima ed Europa e Asia poi.
Questo piccolo fossile, però, risale a quasi 200 mila anni fa, ed è proprio di Homo sapiens. Cosa ci fa fuori dall’Africa così presto?
La scoperta di Misliya non è recente, risale al 2002. La ricchezza di reperti rivela che gli abitanti della cava erano abili cacciatori di grandi specie animali: uri, gazzelle e daini erano fra le loro prede preferite. Controllavano il fuoco nelle case, utilizzavano piante e creavano strumenti di pietra con tecniche sofisticate e innovative rispetto a quelli associati ai primi uomini moderni in Africa. A causa di queste caratteristiche, la classificazione ha richiesto un’equipe di primordine. Il gruppo di ricerca, guidato da Israel Hershkovitz dell’Università di Tel Aviv (Israele), comprende varie istituzioni internazionali americane, europee, asiatiche e dell’Oceania.
Il reperto é la porzione sinistra di una mandibola e presenta sette denti perfettamente conservati. Lo stupore internazionale fu generale: sembrava appartenesse alla specie sapiens, ma presentava alcuni tratti che non permettevano classificarla con sicurezza. “In molti aspetti, i primi umani moderni non erano così moderni”, dice Jean-Jacques Hublin, direttore del Dipartimento di Evoluzione Umana dell’Istituto Max Planck, in Germania. La determinazione della specie è stata realizzata sia con un’analisi antropologica classica, sia con una tomografia e una microtomografia assiale computerizzata, che ne hanno permesso lo studio in 3D.
La datazione diretta è stata realizzata su un dente con i metodi di Seri U-Th e di risonanza paramagnetica elettronica, ESR in inglese. Methieu Duval, geocronologo del CENIEH spiega che “per ottenere una datazione affidabile, abbiamo dovuto sviluppare un protocollo speciale che permettesse limitare l’aspetto distruttivo della tecnica, simile a quello impiegato recentemente per datare i resti di Homo naledi in sud Africa”. La mandibola ha quindi trovato il suo posto nel panorama evolutivo: non presenta nessun elemento che possa permettere di classificarla in un altro gruppo che non sia Homo sapiens.
Oltre ai resti ossei, i ricercatori hanno ritrovato utensili litici del tipo Levallois, usati molto probabilmente fra 250 e 140 mila anni fa. Se gli strumenti dovessero essere associati alla nostra specie, potrebbe anche significare che le migrazioni sarebbero iniziate ancora prima rispetto ai reperti ritrovati.
Si ritiene però che la migrazione di Misliya non abbia avuto buon fine. Gli studi genetici e archeologici suggeriscono che gli antenati che oggi vivono fuori dall’Africa procedono da una migrazione di solo 60 mila anni fa.
Questa scoperta completa i dati apportati dalla precedente scoperta di Jebel Irhoud, in Marocco. Alcuni fossili sono stati recentemente ridatati, collocandoli a circa 300 mila anni fa. Per alcuni ricercatori sono questi i più antichi sapiens scoperti ma il parere scientifico non è uniforme. Per José Luis Arsuaga, direttore del Museo dell’Evoluzione di Burgos e fra gli specialisti che hanno realizzato la classificazione di Misliya, “sono antenati della nostra specie e non le appartengono, dando un valore ancora maggiore alla scoperta d’Israele”.
Fino ad adesso, i resti più antichi erano stati identificati nel cosiddetto “corridoio d’oriente”, una fascia di territorio situata fra il Mediterraneo e le zone desertiche di Neguev, Giordania e Siria. La datazione riportava un’età compresa fra gli 80 e i 120 mila anni.
Per María Martinón Torres, direttrice del CENIEH di Burgos, “la nuova scoperta di Misliya situa la prima migrazione della nostra specie a circa 200 mila anni fa. Stiamo scoprendo la parte non africana della nostra storia più recente”. La stessa Martinón aveva già partecipato nel 2015 alla scoperta dei resti dell’Homo sapiens più antico della Cina, a Daoxian e Zhirendong, datati fra 80 e 120 mila anni fa.
Gli ultimi anni si stanno dimostrando molto prolifici per la paleoantropologia. Oltre alle scoperte in Cina e Israele, i resti di Altai, in Siberia, mostrano segni di incroci con Neandertal risalenti a 100 mila anni fa. Hershkovitz conclude: “Avevamo tanti pezzi di una nuova evidenza che non sapevamo come incastrare. Adesso, con la nuova scoperta, tutto va al suo posto. Un esodo che probabilmente iniziò 250 mila anni fa, che è la data degli strumenti ritrovati nella cava di Misliya.”
Fonti:
http://josemariabermudezdecastro.com/prueba/?p=90
https://www.nature.com/articles/d41586-018-01261-5
http://www.cenieh.es/es/sala-de-prensa/noticias/actualidad/los-primeros-homo-sapiens-fuera-de-africa
http://www.bbc.com/mundo/noticias-42826779
http://www.publico.es/ciencias/homo-sapiens-mandibula-hallada-israel-reescribe-prehistoria.html
https://phys.org/news/2018-01-ancient-eurasian-dna-sequencing-revealing.html