La nascita delle “omics” nella scienza delle nuvole

Secondo il noto filosofo del Novecento Karl Popper “una nuvola è estremamente imprevedibile e anzi indeterminata: le variazioni del tempo sono proverbiali. Un orologio invece è oltremodo prevedibile e in verità un orologio perfetto si pone come il paradigma di un sistema materiale e deterministico”.

Nelle scienze biologiche e mediche, i fenomeni osservabili si compongono in una scala gerarchica di eventi, nella quale i vari livelli sono determinati dalla prospettiva da cui il ricercatore li osserva. Le nuvole e gli orologi di Popper rappresentano, in questo ambito, due tentativi molto diversi di comprensione della realtà.

Attraverso un approccio sperimentale deterministico, secondo cui l’universo è come un orologio, il cui perfetto funzionamento è la risultante della somma d’ingranaggi (fenomeni) elementari, la biologia classica ha categorizzato, nel tempo, interi sistemi di organismi viventi: anatomia, funzioni biologiche, composizione cellulare, meccanismi molecolari.

Quando, però, ci si pone domande biologiche più complicate, che riguardano per esempio i meccanismi patogenetici o il funzionamento di sistemi complessi come il sistema nervoso, la scienza “degli orologi” si rivela inadatta a dare risposte soddisfacenti.

Alcune proprietà del sistema nervoso, per esempio i processi di apprendimento, la memoria e le emozioni sono proprietà collettive o “emergenti”, nel senso che dipendono da interazioni non casuali tra cellule specializzate e organizzate in reti complesse; non possono essere dunque estrapolate e controllate semplicemente sommando i processi alla base del funzionamento dei singoli neuroni.

La crescente consapevolezza delle proprietà emergenti e non riducibili dei sistemi complessi ha portato la comunità scientifica, alla fine dello scorso secolo, a ricercare approcci sperimentali meno deterministici che, attraverso analisi qualitative e quantitative di più parametri contemporaneamente, potessero “integrare” invece che “ridurre”.

Trovare metodi sperimentali e tecnologie adeguate ha richiesto del tempo, e così pure dare spazio e fiducia a questa scienza “delle nuvole”, che accetta e prova a comprendere la complessità attraverso lo sviluppo di un pensiero multidimensionale capace, di volta in volta, di flettersi, adattarsi, cambiare.

E` in quest’ottica che sono nate e si sono sviluppate una serie di nuove discipline, denominate collettivamente “omics”. Queste, diversamente dalle scienze biologiche tradizionali, hanno per oggetto lo studio dell’insieme di geni (genomics), dei trascritti (transcriptomics), delle proteine (proteomics) o dei metaboliti (metabolomics) presenti nelle cellule, in un dato momento e una precisa condizione.

Le “omics” utilizzano un approccio sperimentale multiplo: gli esperimenti si possono basare su ipotesi preesistenti da dimostrare (es. associare l’insorgenza di una patologia all’alterazione di una specifica “via metabolica”) oppure partire da analisi “globali” di elementi di un sistema (l’insieme dei geni, le proteine, i metaboliti), dalla cui interpretazione si generano ipotesi nuove che andranno poi confermate e caratterizzate da studi successivi.

Grazie alla crescente integrazione tra discipline fino a poco tempo fa ritenute incompatibili tra loro (come fisica, ingegneria, statistica e informatica) e l’uso di tecnologie sempre più sofisticate, la systems biology (versione 4.0 della biologia) sta oggi tentando di traslare le singole conoscenze acquisite in modelli funzionali che meglio possano rappresentare la complessità dei fenomeni analizzati.

Una rivoluzione a tutti gli effetti che, negli ultimi anni, sta cambiando radicalmente anche l’approccio alle patologie umane, innovando il metodo scientifico in ambito biomedico e orientando la pratica clinica sempre più verso una medicina integrata e personalizzata.

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