La dieta del gruppo sanguigno. Una controversia risolta?

Il cibo non sempre rappresenta soltanto una fonte di nutrimento. Se il cibo è quello sbagliato può diventare un’immensa fonte di problemi. Alimenti nocivi, non adatti al proprio sistema immunitario, possono diventare alla lunga causa di patologie di varia natura. È questo il principio alla base dell’approccio denominato della Dieta del Gruppo Sanguigno. Si tratta di una dieta che è stata anche oggetto di una recente critica scientifica a seguito della quale sarebbe destituita di validità. Noi qui riportiamo la controversia attorno a questo regime alimentare che risulta abbastanza diffuso.

LA DIETA DEL GRUPPO SANGUIGNO

Si tratta di una dieta molto variegata, che non esclude a priori il consumo di certe categorie di alimenti, come avviene per talune diete. Ad esempio quella vegetariana, dove vengono esclusi alimenti come pesce e carne. Tuttavia alcuni alimenti, più di altri, vengono considerati pericolosi per la salute umana. Alcuni in particolare, come i latticini e i cereali contenenti glutine, sono i maggiori responsabili di una lunga sfilza di patologie degenerative ed autoimmuni. La dieta del gruppo sanguigno varia, anche sensibilmente, in relazione ad alcuni fattori, tra cui uno dei più importanti è appunto il gruppo sanguigno stesso. L’importanza del gruppo sanguigno infatti, non si limita alle sole compatibilità nelle trasfusioni di sangue. Conoscerlo è fondamentale anche quando si tratta di scegliere cosa mettere nel piatto.

Il dr. James D’Adamo fu il primo ad avanzare l’ipotesi di una correlazione tra dieta e gruppo sanguigno, e fu poi suo figlio Peter a portare a termine le sue ricerche. Il tutto nacque da un’intuizione di James, che si accorse come alcuni suoi pazienti rispondessero meglio ad una dieta prettamente vegetariana e come altri, al contrario, traessero maggior giovamento da un consumo pressoché quotidiano di carne. Ciò che inizialmente era solo una supposizione si trasformò rapidamente in una certezza. Dalle successive analisi emerse che il primo gruppo, per la maggioranza, era rappresentato da soggetti di gruppo sanguigno A, mentre il secondo da persone di gruppo sanguigno 0.

Il gruppo sanguigno è legato ai meccanismi di difesa dell’organismo. Le nostre difese si attivano in presenza di sostanze chimiche conosciute come antigeni per contrastare intrusi nocivi, si tratti di batteri e virus, oppure di un cibo riconosciuto come “nemico”.

Il gruppo sanguigno viene identificato proprio dalla presenza o meno di queste sostanze e dal loro tipo:

  • Gruppo 0: nessun antigene
  • Gruppo A: antigene A
  • Gruppo B: antigene B
  • Gruppo AB: antigene A e B

Il cibo contiene anch’esso, antigeni e, nel momento in cui mangiamo, questi antigeni possono essere riconosciuti dal sistema immunitario come amici o nemici, esattamente come avviene con batteri, virus o quando si assiste a una errata trasfusione di sangue. Se gli antigeni del cibo vengono riconosciuti come nemici, scatta una risposta immunitaria che stimola la produzione di anticorpi con il compito di combattere gli sgraditi ospiti. Per questo motivo alcune persone tollerano bene un determinato alimento ed altre no. Nel caso in cui un determinato cibo non venga tollerato, il suo consumo potrà portare alla insorgenza di una patologia più o meno grave a lungo andare e in casi di particolare sensibilità, anche in breve tempo.

Gli animali selvatici “capiscono” per istinto cosa per loro è buono, o non è buono, comportandosi di conseguenza. Ma quando sono posti in cattività essi perdono questo istinto e finiscono per mangiare tutto ciò che l’uomo gli propina. Un esempio classico è quel che avvenne all’epoca di “mucca pazza”, ovvero quando si scoprì che bovini venivano nutriti con farine di origine animale e finivano con l’ammalarsi di una gravissima patologia.

Da un meticoloso lavoro di laboratorio i ricercatori che si sono dedicati a questo approccio sono riusciti a stilare un elenco molto ampio di alimenti compatibili ed incompatibili per ogni gruppo sanguigno, suddividendo gli alimenti in tre tipi: benefici, neutri e nocivi.

  • Glialimenti benefici sono quelli che risultano positivi e che agiscono come un vero e proprio farmaco, potenziando il sistema immunitario.
  • Glialimenti neutri sono semplicemente tollerati e possono essere introdotti nella dieta senza grossi problemi.
  • Glialimenti nocivi non sono compatibili con il sistema immunitario e il loro consumo può provocare la formazione di patologie.

LA SPIEGAZIONE SCIENTIFICA

Tutte le forme di vita possiedono antigeni esclusivi che possono essere accumunate a delle vere e proprie “impronte biologiche”. Gli antigeni correlati al gruppo sanguigno sono tra i più potenti dei molti antigeni presenti nel nostro organismo.
La loro sensibilità è tale da garantirci un sistema d’allarme incredibilmente vigile ed efficiente. Quando le difese immunitarie del nostro organismo entrano in contatto con qualcosa di sospetto, come l’antigene estraneo di un batterio, per prima cosa si consultano con l’antigene che determina il gruppo sanguigno per capire se l’estraneo è un amico, o un nemico.

Ogni gruppo sanguigno è caratterizzato dalla presenza di un antigene specifico al quale, tra l’altro, deve anche il suo nome.
(Vedi tabella sottostante).

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Per capire meglio la natura degli antigeni specifici di ciascun gruppo sanguigno, provate ad immaginarli come delle antenne che sporgono dalla superficie delle cellule. Queste antenne sono composte da due parti: lo stelo che serve da supporto e l’estremità che funge da ricevente e trasmittente. Il supporto, a sua volta, è formato dall’unione di innumerevoli molecole di uno zucchero, il fucosio.

  • Il gruppo più semplice è stato chiamato0 [zero], proprio per indicare l’assenza di antigeni: in questo caso, infatti, le cellule hanno solo la porzione di supporto dell’antenna, cioè le catene di fucosio.
  • Nelgruppo A al primigenio supporto di fucosio è unito un altro zucchero chiamato N-acetil-galattosamina.
  • Nel gruppo Bal primigenio supporto di fucosio è unito un altro zucchero chiamato D-galattosamina.
  • Nelgruppo AB, al primigenio supporto di fucosio sono uniti sia la Nacetil-galattosamina sia la D-galattosamina.

Oltre agli antigeni ci sono altri metodi che contraddistinguono i gruppi sanguigni. Nelle schede mediche, infatti, nella dicitura riportante il nostro gruppo sanguigno, oltre alla sigla 0, A, B ed AB, viene posta accanto anche la sigla RH + o – (positivo e negativo).

ANTIGENI E ANTICORPI

Quando l’antigene che determina il gruppo sanguigno si accorge dell’ingresso di un antigene estraneo, stimola subito la produzione di anticorpi con l’obiettivo di contrastare l’intruso. Gli anticorpi, prodotti da cellule specializzate del sistema immunitario, hanno infatti il compito specifico di “aggrapparsi” all’antigene estraneo, bloccarlo e favorirne la distruzione. Le cellule del sistema immunitario producono un’infinita varietà di anticorpi, ognuno adatto a contrastare un nemico specifico e ben definito.

L’esempio più semplice è  in riferimento ad un virus o ad un batterio: una volta penetrato nell’organismo, esso, per via della sua struttura antigenica diversa, mette in moto il sistema immunitario che produce anticorpi specifici contro quel tipo di virus, o batterio. Gli anticorpi si gettano verso gli antigeni estranei, che sporgono dal corpo del microrganismo e vi si attaccano.

Si innesca così una reazione chiamata “agglutinazione“, grazie alla quale i microrganismi si attaccano gli uni agli altri formando dei piccoli ammassi che tendono a precipitare, rendendo così più facile la loro eliminazione.

Il sistema formato dagli antigeni dei gruppi sanguigni e dagli anticorpi corrispondenti ha molte altre funzioni.

Secondo quella che dalla medicina ufficiale viene chiamata la legge di  Landsteiner:

– I soggetti di gruppo sanguigno hanno anticorpi anti-B. Essi, pertanto, rigettano il sangue di gruppo B.
– I soggetti di gruppo sanguigno B hanno anticorpi anti-A. Essi, pertanto, rigettano il sangue di gruppo A.
Le persone di gruppo A e di gruppo B non possono quindi scambiarsi il sangue.

– I soggetti di gruppo sanguigno AB non hanno né anticorpi anti-A, né anticorpi anti-B. Essi possono ricevere il sangue da tutti. Però, visto che i loro globuli rossi hanno l’antigene A e quello B, non possono donare sangue ai soggetti appartenenti ad altri gruppi sanguigni.
– I soggetti di gruppo sanguigno 0 hanno anticorpi anti-A e anti-B. Essi, pertanto, rigettano il sangue di gruppo A, B e AB. Le persone di gruppo 0 non possono quindi ricevere sangue da nessuno, eccetto che da altre persone di gruppo 0. Esse, però, non possedendo né antigeni anti-A, né antigeni anti-B, possono donare il loro sangue a chiunque. Per questo vengono chiamati donatori universali.

Gli anticorpi diretti contro altri gruppi sanguigni sono i più potenti del nostro sistema immunitario .
La loro abilità nell’agglutinare i globuli rossi di gruppo diverso è così spiccata che il fenomeno può essere addirittura osservato a occhio nudo mettendo a contatto due gocce di sangue non compatibili.

La maggior parte degli altri anticorpi viene prodotta sotto l’influsso di particolari stimoli (ad esempio una vaccinazione, oppure un’infezione). Gli anticorpi dei gruppi sanguigni, invece, vengono elaborati automaticamente. Spesso essi compaiono nel sangue al momento della nascita e raggiungono i livelli che manterranno anche nell’età adulta fin dai quattro mesi di vita.

ANTIGENI ED ALIMENTI

Alcuni ricercatori che operano in questo campo hanno scoperto che molte sostanze nutritive sono in grado di agglutinare le cellule di alcuni gruppi sanguigni (in un modo molto simile al rigetto), ma non di altri. Ciò significa che un alimento può, per esempio, risultare dannoso per le cellule di un soggetto di tipo A e benefico per le cellule di un soggetto di tipo B. Non a caso, molti degli antigeni presenti negli alimenti hanno caratteristiche simili all’antigene A, o a quello B.

Questa scoperta ha rivelato l’esistenza di una correlazione tra gruppi sanguigni e dieta. Sorprendentemente, però, le sue possibilità applicative sono rimaste nascoste per quasi un secolo, fino a quando un esiguo gruppo di ricercatori, medici e nutrizionisti ha iniziato a esplorarle.

Tra sangue ed alimenti si verifica una reazione chimica che fa parte del nostro bagaglio genetico. Può sembrare sorprendente ma, anche se siamo all’inizio del XXI secolo, il sistema digestivo e quello immunitario conservano ancora una predilezione per i cibi consumati dagli antenati di gruppo sanguigno simile al nostro.

Il motivo risiede in proteine chiamate “lectine“. Queste ultime, che si trovano in abbondanza negli alimenti, sono dotate di proprietà agglutinanti che si esprimono nel sangue. In natura, le lectine costituiscono un mezzo semplice ed efficace che consente a un organismo di attaccarsi ad un altro. Un gran numero di microbi e anche lo stesso sistema immunitario, fanno uso di questa specie di “colla biologica”. Ad esempio le cellule che tappezzano i condotti attraverso i quali la bile lascia il fegato per arrivare nella cistifellea, hanno una superficie ricchissima di lectine, che hanno il compito di bloccare batteri e parassiti indesiderati. Anche i microrganismi, però, sono ricchi di lectine che funzionano come ventose, consentendo loro di ancorarsi saldamente alle mucose del nostro organismo. Spesso le lectine di virus e batteri sono simili agli antigeni dei gruppi sanguigni e costituiscono un vero flagello per le persone che aggrediscono.

Le medesime considerazioni valgono per il cibo. Quando mangiamo un alimento contenente lectine incompatibili con il nostro gruppo sanguigno, esse si sistemano in un organo (reni, fegato, cervello, stomaco eccetera) e iniziano ad agglutinare globuli rossi in quell’area. Parecchie lectine di origine alimentare presentano caratteristiche simili a quelle degli antigeni dei gruppi sanguigni e si comportano pertanto come nemici per le persone che possiedono anticorpi diretti contro quello specifico antigene. Latte e derivati ad esempio, posseggono lectine molto simili all’antigene B: se una persona di gruppo sanguigno A beve un po’ di latte vaccino, il suo sistema immunitario metterà subito in moto i meccanismi di agglutinazione nel tentativo di eliminare l’intruso.

Le lectine dannose per il nostro gruppo sanguigno possono causare una lunga lista di problemi.

Il 95% delle lectine assunte tramite gli alimenti viene eliminato senza problemi dall’organismo. Il restante 5 %, però, riesce a raggiungere il sangue dove innesca tutta una serie di reazioni negative che portano alla distruzione di globuli rossi e bianchi.

Le lectine possono inoltre danneggiare le pareti dello stomaco e dell’intestino, scatenando una violenta infiammazione delle mucose che provocano disturbi molto simili a quelli di un’allergia alimentare. Non è nemmeno necessario consumarne quantità notevoli: bastano piccolissime quantità per agglutinare un numero elevatissimo di cellule. Sempre che, ovviamente, vi sia incompatibilità con il gruppo sanguigno. Per questo motivo è importante eliminare dalla nostra alimentazione i cibi che contengono lectine incompatibili con il nostro gruppo sanguigno. Il glutine, per esempio, cioè la lectina caratteristica del frumento e di molti altri cereali (kamut, farro, segale, orzo, avena, ecc.), si può attaccare alla parete dell’intestino provocando un’infiammazione dolorosa. Le lectine hanno strutture diverse a seconda della loro provenienza. Quella dell’amaranto, per esempio, ha una forma diversa da quella della soia e, pertanto, reagirà con sostanze differenti; ciascuna di loro risulterà quindi dannosa per alcuni gruppi sanguigni e benefica per altri.
Anche i tessuti del sistema nervoso sono molto sensibili all’agglutinazione indotta dalle lectine di origine alimentare.

IL TEST DELL’INDACANO

  • Passaggio a). Si aggiunge all’urina acido cloridrico e ferro, dai quale si ottiene una reazione chimica che sviluppa fumo.
  • Passaggio b). La miscela viene lasciata riposare per circa 2 minuti, poi si aggiungono 3 gocce di cloroformio che fanno liberare una maggiore quantità di fumo di colore variabile dall’azzurro chiaro al blu scuro.
  • Passaggio c). Il risultato della reazione viene misurato con l’ausilio di una scala colorimetrica.

Il risultato  varia solitamente da una scala che va da 0 a 4, o più.

  • Tra 0 e 2 il risultato è buono;
  • Tra 2,5 e 3 c’è qualche problema;
  • Tra 3 e 4 (o superiore) la situazione è critica.

Solitamente l’escrezione urinaria di indacano, che evidenza una cattiva alimentazione, si aggira intorno a valori di circa 2,5. Seguendo una dieta adatta al proprio gruppo sanguigno tale valore può scendere a valori normali (sotto a 2) in circa 2 settimane.

Cos’altro c’è da sapere ?

Quello di seguire una dieta personalizzata in base al proprio gruppo sanguigno è certamente uno dei consigli principali di questo approccio. Tuttavia si tiene a sottolineare che questo è solo uno dei requisiti necessari  e spesso da solo non basta per tornare, o restare in salute, specialmente quando si ha a che fare con patologie di una certa entità.

Ci sono altri fattori di equiparabile importanza, come la giusta combinazione degli alimenti, il consumo di alimenti di stagione, la lettura attenta delle etichette, e se possibile la scelta di alimenti freschi e di coltivazione/allevamento biologico.

In fine ci sono altri aspetti di cui bisogna tener conto:

  • L’età;
  • Il rapporto altezza/peso;
  • L’attività fisica svolta;
  • Le analisi del sangue;
  • L’attuale stato di salute e l’eventuale presenza di patologie importanti;
  • Potenziali malattie ereditarie.

Secondo i fautori di questo approccio la lista delle patologie che sarebbe possibile trattare con successo è davvero lunga e tocca anche problemi che sembrerebbero del tutto estranei all’alimentazione:

  • malattie metaboliche: colesterolo alto, ipertensione, trigliceridi alti, diabete, ecc.;
  • malattie dell’apparato digerente: diverticoli, stitichezza, gastrite, emorroidi, dispepsia, ecc.;
  • malattie renali: calcoli renali, insufficienza renale, rene policistico, ecc.;
  • malattie dell’apparato genitale: cistite, prostatite, impotenza, cisti ovariche, ecc.;
  • malattie della pelle: dermatite atopica, psoriasi, cheloidi, piaghe da decubito ecc.;
  • malattie del fegato: steatosi epatica, epatiti virali, angioma epatico, morbo di Gilbert, ecc.;
  • dolori osteo-articolari: cervicale, mal di schiena, dolore alle spalle, ai polsi, ai gomiti, ecc.;
  • malattie del sangue: leucemia cronica e acuta (qualora la si prenda per tempo), anemia, microcitemia, ecc.
  • malattie della tiroide: ipotridoidismo, ipertiroidismo, noduli alla tiroide, tiroide autoimmune.
Tommaso Costa

 

L’AMERICAN JOURNAL OF CLINICAL NUTRITION E L’UNIVERSITÀ DI TORONTO SCONFESSANO LA DIETA DEI GRUPPI SANGUIGNI

La dieta dei gruppi sanguigni, ideata nel 1997 dal naturopata Peter D’Adamo e rielaborata in Italia dal dottor Mozzi, ha visto negli ultimi anni un crescente numero di seguaci. Basti pensare che il libro scritto da D’Adamo intitolato“Eat right for your type” ha venduto ben 7 milioni di copie in tutto il mondo. L’ enorme successo della dieta dei gruppi sanguigni ha portato gli scienziati a indagare sulla validità di questo regime alimentare. Il primo studio scientifico sul tema è apparso sul numero di Maggio 2013 dell’American Journal Of Clinical Nutrition. La ricerca in questione è stata portata avanti dai ricercatori Leila Cusack, Emmy De BuckVeerle Compernolle e Philippe Vandekerckhove. L’obiettivo del loro studio è stato quello di verificare se nella letteratura scientifica vi fosse prova che l’aderenza a una dieta basata sul gruppo sanguigno potesse davvero migliorare lo stato di salute degli individui (tesi sostenuta da D’Adamo e Mozzi). Per la raccolta del materiale i ricercatori hanno utilizzato 3 diversi database scientifici: The Cochrane Library, Medline ed Embase. Nella selezione sono stati inclusi tutti gli studi sperimentali in vivo riguardanti la dieta dei gruppi sanguigni a livello mondiale. La ricerca ha portato a individuare ben 1415 articoli sull’ argomento. Tuttavia tra questi studi solo uno era volto a rispondere alla domanda dei ricercatori. Lo studio in questione aveva coinvolto 254 partecipanti sottoposti per 18 mesi a una dieta povera di grassi (ridotti del 25% rispetto ai parametri del regime alimentare tradizionale). I soggetti, divisi per gruppo sanguigno, erano stati monitorati a distanza di 6, 12 e 18 mesi andando a valutare la variazione di colesterolo cattivo LDL. Dai risultati era emerso che i pazienti con gruppo sanguigno MN avevano risposto meno alla dieta rispetto ai pazienti di gruppo MM e NN. Infatti si erano registrate differenze significative nei livelli di colesterolo LDL che dopo 6 e 18 mesi erano diminuiti maggiormente nei pazienti di gruppo sanguigno MM e NN rispetto ai pazienti di gruppo MN. La tabella riportata qui sotto mostra infatti il diverso andamento del colesterolo LDL in relazione ai diversi gruppi sanguigni.

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L’osservazione sui livelli di LDL aveva fatto pensare ai ricercatori che il gruppo sanguigno potesse effettivamente avere un ruolo nella risposta alla dieta seguita. Tuttavia alla fine dello studio si era visto che le differenze nei valori di LDL si erano presentate solo dopo 6 e 18 mesi ma non dopo 12 mesi di dieta. Si era quindi concluso che tali dati fossero contrastanti e molto limitati quindi non affidabili da un punto di vista scientifico. Inoltre si era osservato che i soggetti di gruppo sanguigno MN dopo 18 mesi di dieta avevano avuto un leggero aumento del colesterolo LDL (l’incremento era stato di 0,0047 mmol/L). Questo incremento non si era verificato in soggetti di gruppo sanguigno MN non sottoposti alla dieta del gruppo sanguigno. Questa osservazione aveva fatto bocciare la dieta del gruppo sanguigno che, non solo non aveva mostrato gli effetti benefici promessi da D’Adamo e Mozzi, ma anzi aveva fatto riscontrare un effetto leggermente negativo sul colesterolo cattivo.

Sulla base di queste premesse l’Università di Toronto ha deciso di approfondire l’argomento. Il nuovo studio, pubblicato su Plos One nel Gennaio 2014, ha definitivamente sconfessato la dieta dei gruppi sanguigni. I soggetti presi in esame sono stati 1455 di età compresa tra i 20 e i 29 anni. Gli individui sono stati suddivisi in quattro grandi gruppi etno-culturali: bianco (703), asiatici orientali (491), sud-asiatici (155) e altri (106). Per quantificare l’adesione alla dieta del gruppo sanguigno i soggetti hanno ricevuto un punto positivo per consumare una porzione di ogni alimento consigliato dalla dieta e un punto negativo per consumare un alimento inserito nella lista dei cibi da evitare. Sulla base dell’aderenza alla dieta i pazienti sono stati raggruppati in 3 gruppi: il primo gruppo era composto da individui che avevano osservato un regime alimentare perfettamente in linea con la dieta del gruppo sanguigno, il secondo gruppo invece aveva avuto un’aderenza parziale alle indicazioni della dieta e il terzo gruppo aveva seguito poco o per nulla il regime alimentare del gruppo sanguigno di appartenenza. Alla fine dello studio i tre gruppi sono stati messi a confronto sulla base del loro rischio cardiovascolare. Il risultato è stato che, come mostra la tabella riportata, i parametri dei 3 gruppi erano sovrapponibili (a eccezione dei livelli di insulina) e non si erano riscontrate particolari differenze dipendenti dal diverso gruppo sanguigno degli individui.

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Da questo studio è emerso che, con l’aumento dell’adesione al tipo A di dieta, i soggetti avevano minore indice di massa corporea, pressione arteriosa, colesterolo totale, trigliceridi, insulina, HOMA-IR e HOMA-Beta. L’aderenza alla dieta di tipo AB invece è stata associata a pressione sanguigna, colesterolo totale, trigliceridi, insulina, HOMA-IR e HOMA-Beta (P <0,05) più bassi. Per quanto riguarda la dieta di tipo O è stata associata a trigliceridi inferiori (P <0,001). Infine la dieta di tipo B ha avuto una connessione coi livelli di colesterolo HDL. Per capire se questi aspetti riscontrati avessero attinenza col gruppo sanguigno degli individui i ricercatori hanno diviso i 3 gruppi (precedentemente formati sulla base dell’aderenza alla dieta prescritta) sulla base del gruppo sanguigno degli individui. Dal confronto fra i livelli di insulina a digiuno e HOMA-IR degli individui del gruppo A e quelli degli individui degli altri gruppi è emerso che c’era una differenza significativa nel secondo gruppo. Tuttavia nel terzo gruppo e nel primo gruppo (dove l’aderenza alla dieta del gruppo sanguigno era maggiore) non si era verificata nessuna differenza. Questo elemento ha confermato ulteriormente l’inefficacia della dieta dei gruppi sanguigni. Passando infatti da una bassa aderenza a una alta, gli individui che hanno seguito la dieta A non hanno mostrato cambiamenti più favorevoli in termini di miglioramento del fattore cardiovascolare. Lo stesso vale per gli individui che hanno seguito la dieta AB. Inoltre è stato notato che soggetti con gruppo sanguigno AB che avevano aderito maggiormente alla dieta presentavano concentrazioni di glucosio leggermente più elevate di coloro che non avevano seguito in modo scrupoloso la dieta. Questo risultato dimostra che il regime dei gruppi sanguigni non solo non è associato a eventuali vantaggi ma anzi si è rivelato dannoso per gli individui che l’hanno seguito in modo attento. Ci sarebbe quindi la possibilità che questo tipo di diete possano causare degli effetti indesiderati potenzialmente nocivi per la salute. Per quanto riguarda l’analisi del rischio cardiovascolare lo studio dell’ Università di Toronto ha dimostrato che l’aderenza alla dieta di tipo A, AB e O si è tradotta in una diminuzione del rischio cardiovascolare. Tuttavia questo risultato era indipendente dal gruppo sanguigno degli individui. Infatti l’associazione tra l’adesione alla dieta di tipo A e un profilo favorevole di rischio cardiometabolico non è sorprendente: questa dieta (che prevede l’elevato consumo di frutta e verdura e un basso consumo di prodotti a base di carne) è infatti in linea col modello alimentare raccomandato dall’OMS per prevenire il rischio di malattie cardiovascolari. Anche l’aderenza alla dieta di tipo AB è stata collegata a una riduzione del rischio cardiovascolare nonostante raccomandi prodotti lattiero-caseari e carne (generalmente da consumare con moderazione). I benefici sul cuore di questa dieta possono essere attribuiti alla lista di alcuni alimenti considerati sani che sono raccomandati. Ad esempio agli individui con gruppo sanguigno AB si consiglia di evitare il burro e consumare uova e pesce come fonte principale di proteine ​​animali. Ciò è in contrasto con la dieta di tipo B che ha meno restrizioni su molti prodotti animali. Queste differenze tra le due diete possono parzialmente spiegare perché un profilo cardiometabolico favorevole è stato associato all’aderenza alla dieta di tipo AB ma non alla dieta di tipo-B. Per quanto riguarda la dieta tipo-O bisogna dire che è simile alle diete a basso contenuto di carboidrati. Questo aspetto potrebbe spiegare il motivo per cui l’adesione a questo tipo di dieta è stata associata a un livello di trigliceridi inferiore, come precedentemente osservato per altre diete a basso contenuto di carboidrati.

In conclusione questi studi avrebbero definitivamente dimostrato che la dieta dei gruppi sanguigni non ha alcuna valenza scientifica nonostante l’adesione a questo tipo di dieta sia in alcuni casi associata a profili di rischio di malattia cardiometabolica favorevoli. Questa associazione infatti è del tutto indipendente dal gruppo sanguigno dell’individuo. Inoltre non è stato dimostrato nessun beneficio per la salute derivante dalla dieta dei gruppi sanguigni che, al contrario, potrebbe rivelarsi dannosa.

Fonti scientifiche:

http://ajcn.nutrition.org/content/early/2013/05/22/ajcn.113.058693.full.pdf+html

http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0084749

Cristina Spataro

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