Le nuove tecnologie al servizio dell’arte: il caso della Battaglia di Anghiari.

“La posta in gioco della scoperta è alta. In una scena battagliera in cui compare torsione di corpi e dinamismo massimo sarebbe interessantissimo poter sapere di quali espedienti e di quali studi Leonardo si servisse.” (C. Muccioli, 2012).

Preziosi capolavori, opere pittoriche di grande valore, possono oggi, grazie alle moderne tecnologie, non solo essere restaurati, ma anche venire alla luce.
Sonde, analisi chimiche, tecniche di diagnostica, come infrarossi, ultravioletti, raggi X, utilizzate anche sul corpo umano, sono in grado di riportare a noi opere celate o ritenute perdute.
E’ il caso della Battaglia di Anghiari, dipinta da Leonardo Da Vinci nel 1505, che secondo le ipotesi e gli studi effettuati dal team dell’ing. Seracini, docente dell’Università di San Diego e fondatore del Center of Interdisciplinary Science for Art, Architecture and Archaeology della University of California, si troverebbe nella parete est del Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze, dietro la Battaglia di Marciano del Vasari.
Seracini e il suo team studiano l’opera da più di 30 anni, anche attraverso un’attenta e minuziosa raccolta documentale di dati utili a supportare l’ipotesi. Nel novembre 2011 vengono autorizzate dalla soprintendenza di Belle Arti di Firenze, le ricerche diagnostiche sull’opera del Vasari, sospese per quattro mesi, a causa di appelli ed esposti in Procura da parte di un nutrito gruppo di esperti, preoccupati per i possibili danni all’opera del Vasari.
Riprese nel marzo scorso, hanno rivelato interessantissimi e sorprendenti risultati.
La Battaglia di Anghiari fu commissionata a Leonardo dal Soderini, gonfaloniere della Repubblica fiorentina ed è ritenuta ancora oggi il capolavoro del Maestro Fiorentino, dipinto in onore della vittoria riportata dalla coalizione guidata dalla Repubblica di Firenze contro le truppe milanesi, nello scontro, peraltro quasi incruento, avvenuto nella piana di Anghiari nel 1440.
Nei mesi successivi, al suo collega e rivale, Michelangelo, venne richiesto di affrescare similmente una parete vicina, che commemorava la Battaglia di Càscina, del 29 luglio 1364, contro i Pisani.
A metà secolo, a causa del ritorno dei Medici a Firenze venne deciso un nuovo volto per il salone, ingrandito e completamente rinnovato. Giorgio Vasari realizzo’ così sei nuovi affreschi sulle pareti est e ovest della sala, tra i quali campeggia la Battaglia di Marciano.
Da allora si è sempre ritenuto che la Battaglia di Anghiari fosse stata distrutta, anche perché la tecnica dell’encausto, impiegata da Leonardo per l’opera, richiede l’utilizzo di una fonte di calore molto forte per fissare con rapidità i colori sulla parete.
Leonardo impiego’ enormi bracieri accesi a poca distanza dal dipinto, che permisero solo alla parte inferiore di asciugarsi, mentre i colori posti più in alto si sciolsero rapidamente e dopo neanche un decennio, la tela era già danneggiata, lasciando intatti pressoché solo i lavori preparatori.
Il Vasari tuttavia, grande amante e ammiratore di Leonardo, ci fornisce secondo Seracini, un indizio di questi lavori nella scritta posta sul piccolo stendardo verde che recita: “CERCA TROVA”, dipinto in un angolo in alto della parete est del Salone dei Cinquecento sulla sua Battaglia di Marciano, per aiutare i posteri nel recupero del capolavoro leonardesco.
L’ipotesi che la Battaglia di Anghiari non sia andata perduta è condivisa anche dal professor Carlo Pedretti, dell’Università di California a Los Angeles (UCLA), massimo esperto al mondo di Leonardo.
Secondo Pedretti, il Vasari, aveva sempre cercato di non distruggere eventuali opere d’arte esistenti, come nella chiesa di Santa Maria Novella, in cui costruì un nuovo altare proprio a ridosso di una parte dell’affresco della Trinità di Masaccio, ma lo salvò proteggendolo con una parete di mattoni e un’intercapedine. E’ difficile pensare quindi che avrebbe fatto diversamente per la Battaglia di Anghiari.
Pedretti, così, già dal 1976, pensa alla tecnologia biomedica non invasiva che all’epoca Seracini stava sperimentando a San Diego, per sondare le pareti del Salone, senza danneggiare gli affreschi di Vasari, nel tentativo di ritrovare la tela perduta. Allora Seracini lavorava ai primi ecografi, in grado di “guardare” dentro un corpo umano, e perché non sotto uno strato di pittura?
Affascinato dal progetto comincia lo studio della Battaglia di Marciano e osserva proprio l’epigrafe sullo stendardo verde. “Un’iscrizione che nessuno aveva mai documentato” – afferma- “ e, se per quello, probabilmente neanche mai visto perché era posta così in alto che non si riusciva a vederla neanche dalla balconata: bisognava proprio salire fin lassù. Un vessillo di battaglia? Un motto araldico? Improbabile che fosse l’unico senza nient’altro di simile in nessuna delle altre centinaia di bandiere affrescate in tutta la sala. La cosa da fare era verificarne innanzitutto l’autenticità prelevando un campione per controllare se si poteva considerarlo appartenere alla stessa epoca dello strato pittorico sottostante. Tutti i risultati combaciavano. Che il Vasari avesse voluto lasciare un messaggio per i posteri? Cerca il Leonardo perduto e lo troverai”. (Castellacci, 2010).
A quell’epoca, tuttavia, quella tecnologia non è abbastanza sofisticata da riuscire a rilevare un affresco nascosto sotto un muro. Tuttavia, successivamente Seracini ha usato laser, scansioni termiche e radar per identificare la posizione del dipinto di Leonardo.
Grazie al mecenate Loel Guinnes, erede della famiglia produttrice della famosa birra, nonché presidente del Kalpa, una società che si interessa di finanziare sofisticati progetti interdisciplinari a livello internazionale, le ricerche più capillari possono proseguire. Il progetto, patrocinato dal Comune di Firenze, riparte grazie anche alla collaborazione della National Geographic Society, la Soprintendenza del Polo Museale Fiorentino e l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze.
Nelle ultime settimane del 2011, grazie all’utilizzo di una sonda ad altissima tecnologia e munita di telecamera, si riesce ad entrare nell’intercapedine del muro attraverso dei minuscoli fori, dai quali è possibile raccogliere dati dal valore inestimabile.
I fori sono stati realizzati nei punti in cui il dipinto era danneggiato, senza intaccare il dipinto vasariano. L’operazione dura tre notti, cariche di attesa.
Inizialmente viene fatto un carotaggio di 13 cm con un’apposita sonda che rivela l’esistenza di un muro, oltre il quale si riescono a prelevare campioni di nero, che potrebbe corrispondere a quel nero usato da Leonardo nelle sue opere e di cui si è trovato traccia tra i libri contabili dell’epoca. Il nero, ricordiamo, non esiste in natura, deve essere composto, e ogni pittore all’epoca aveva la sua propria ricetta di miscele, che acquistava.
Nella terza notte viene ritrovato un pigmento rosso, e poi arriva inaspettata un’altra sorpresa. Si ritrova uno strato scuro rigido, campionato, e infine qualcosa di bianco e soffice che potrebbe essere vernice, colore.
Campioni dei frammenti di cocciopesto, del pigmento di manganese e del cristallo di lacca, materiali compatibili con le tecniche e i prodotti usati da Leonardo per preparare basi e colori, sono stati analizzati e le ricerche sospese per delle denunce in procura, da parte di coloro che ritenevano pericolose le ricerche per la tela del Vasari, ma sono poi riprese il 19 marzo di quest’anno, riportando soddisfacenti e sorprendenti risultati ed evidenze che surrogano l’ipotesi del Seracini.
Eccole:
1. L’analisi del campione contenente materiale nero è stata effettuata con SEM-EDX (microscopia elettronica a scansione con dispersione di energia spettroscopia a raggi X) e si è rilevato che il materiale che si trova dietro il muro Vasari presenta una composizione chimica simile al pigmento nero trovato in smalti marroni su Leonardo “Mona Lisa” e “St. Giovanni Battista “, identificato in recenti pubblicazioni scientifiche del Louvre, che ha analizzato tutte le opere di da Vinci della sua collezione.
2. Dall’analisi dei frammenti di materiale rosso, sembra si tratti di materiale organico, associabile a lacca rossa, ed improbabile che sia presente su una parete intonacata ordinariamente.
3. Il materiale beige, grazie a prove visive ottenute attraverso le immagini endoscopiche ad alta definizione, non poteva che essere applicato da un pennello.
4. Il team di ricerca ha confermato l’esistenza di un gap d’aria di circa 1,5 cm, originariamente identificato attraverso scansioni radar effettuate della sala, tra il muro di mattoni su cui Vasari dipinse il murale e il muro che si trova dietro di esso.
La scoperta suggerisce che Vasari potrebbe aver conservato il capolavoro di Leonardo da Vinci attraverso la costruzione di un muro di fronte in questa posizione. Nessun altro luogo nella Sala ha presentato questo tipo di gap d’aria.
Questi i principali punti della dichiarazione fornita alla stampa da Seracini, su questa prima fase della ricerca, nella quale si mostra con evidenza, che si tratta della Battaglia di Anghiari di Leonardo.
Al momento della decisione di condurre l’indagine endoscopica attraverso la parete del Vasari, Seracini individua 14 aree da esplorare. Dietro parere dell’Opificio delle Pietre Dure si decide per sei fori, effettuati dall’Opificio stesso, nei quali è inserita la fotocamera e sono stati prelevati i campioni. I test sono stati condotti grazie a strumenti portatili sulla stessa impalcatura, del laboratorio della Firenze-based Editech e in Pontlab, un laboratorio privato di analisi a Pontedera, Italia.
Questa interessante indagine è stata possibile grazie a un complesso lavoro preparatorio di studio, con moderne tecnologie di visualizzazione.
Nei laboratori dell’Università di San Diego, California, Seracini e Falko Kuester hanno messo a punto un visore speciale: 70 schermi, ciascuno con una risuluzione doppia rispetto a quella delle normali tv in hd, hanno permesso di visualizzare l’affresco di Vasari (acquisito da circa 100 fotografie in hd) con un dettaglio superiore a quello percepibile a occhio nudo.
Nei laboratori del Centro di Grafica, Virtualizzazione e Realtà Virtuale dell’Università di San Diego (California) viene studiata una copia de La battaglia di Marciano attraverso l’HIPerSpace (Highly Interactive Parallelized Display Space), una parete di schermi con la più elevata definizione al mondo in grado di riprodurre un’immagine in miliardi di pixel e che consente ai ricercatori una capacità di visualizzazione del più piccolo dettaglio che non ha precedenti.
L’immagine, con una risoluzione di oltre 600 megapixel, è stata preparata a strati, attraverso speciali filtri e termografie, in grado di evidenziare crepe, danneggiamenti e punti attraverso i quali era possibile far passare le minuscole sonde endoscopiche. L’uso stesso dei trapani avrebbe potuto essere dannoso per l’opera vasariana, così ne è stato realizzato uno particolare, simile, nel concetto, a quello usato dai dentisti, capace di ridurre al minimo le vibrazioni prodotte dal suo funzionamento.
Seracini è emozionato e soddisfatto di questi primi indizi della sua annosa ricerca, che vale la pena di continuare, nel tentativo di disvelare completamente il massimo capolavoro di Leonardo, nell’interesse della Nazione, nonostante gli scettici e gli oppositori, presenti sia nel mondo dell’arte che della politica.
Se, dunque, grazie alle moderne tecnologie si è risposto alla domanda: dove si cela la Battaglia di Anghiari? Rimane aperto l’interrogativo: quanta parte si è conservata? Come fare a renderla visibile a tutti e a recuperarla?
Le moderne tecniche a strappo, come anche suggerisce, Cristina Muccioli, critico d’Arte e docente dell’Accademia di Brera possono venire in aiuto.

 

Bibliografia:

Serena Nocentini, Museo Benozzo Gozzoli, in: http://brunelleschi.imss.fi.it/benozzogozzoli/tecniche/Strappo.html

F. Bandini, G. Botticelli, C. Danti, Tecniche sperimentali per lo strappo di una pittura a tempera grassa su un affresco preesistente, in ‘O.P.D. Restauro’, n.1, 1986, pp.63-65

 

(Pubblicato su Scienzainrete)

Una risposta a “Le nuove tecnologie al servizio dell’arte: il caso della Battaglia di Anghiari.”

  1. Ravecca Massimo
    27 Gennaio 2014 at 19:13 #

    La Battaglia di Anghiari è ancora li. Il motivo è che il guerriero centrale della mischia di cavalieri della Battaglia, quello con la bocca spalancata, assomigl­­ia o ricorda l’immagine del volto che risulta dalla ferita al costato della figura impressa nella Sindone di Torino ingrandita. Cfr. ebook (amazon) di Ravecca Massimo. Tre uomini un volto: Gesù, Leonardo e Michelangelo. Grazie.

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