CREATION, la vita combattuta e rivoluzionaria di Charles Darwin

There is grandeur in this view of life […] that whilst this planet has gone cycling on according to the fixed law of gravity, from so simple a beginning endless forms most beautiful and most wonderful have been, and are being, evolved.

Charles Darwin

 

Il film Creation (Gran Bretagna, 2009) di Jon Amiel si inserisce nel ricco filone delle storie di vita e passioni degli uomini di scienza: un biopic a tutti gli effetti che descrive, da un punto di vista umanissimo, un momento di fondamentale importanza nella vita di un uomo e nell’evoluzione delle scienze della vita.

Il film infatti racconta il lungo e travagliato processo che ha condotto Charles Darwin alla pubblicazione de L’origine delle specie, un capolavoro della letteratura moderna che come pochi altri libri nella storia della scienza, ha avuto il potere dirompente di segnare il nostro modo di vedere il mondo e di influenzare in maniera capillare e duratura gli studi e le riflessioni scientifiche successive.

Come accennato nella storia del cinema sono numerosi i registi che hanno scelto di raccontare vite di scienziati, in chiave quasi eroica, come paladini della verità contro il dogmatismo, contro il mondo accademico ma anche e soprattutto in chiave umana. Vite esemplari e avventurose: uomini che con le proprie esistenze e talvolta sofferenze, hanno contribuito all’evoluzione del sapere e della cultura.

Pasteur, Galileo, Cartesio, Pascal, Curie, Einstein e naturalmente Darwin: le loro vite, le loro ricerche scientifiche sono state spunto per numerose opere cinematografiche[1] che hanno avuto sì intento divulgativo – spiegare al grande pubblico, attraverso un potente mezzo di massa, il cinema appunto, teorie e progressi scientifici – ma a mio parere ancor più apprezzabili per la scelta di rendere umane figure quasi epiche. Attraverso il racconto cinematografico lo Scienziato perde la propria dimensione eroica, viene trascinato giù dalla torre d’avorio e si inserisce nella vita, guadagnando una dimensione umana che ne fa comprendere meglio il percorso di ricerca.

E la figura di Darwin, forse per la sua fondamentale importanza nell’evoluzione del pensiero scientifico e delle scienze della vita, è stata spunto per numerose opere che ne hanno descritto la vita e la storia. Una figura talmente importante da diventare quasi un’icona, al pari di altre figure altrettanto fondamentali per la scienza, Einstein tra tutti. Per rendersi conto della pervasività della figura di Darwin e della sua influenza nell’immaginario collettivo, anche al di fuori dello stretto ambito scientifico, è sufficiente avventurarsi in una breve ricerca in rete. Sono decine i blog, le pagine, le raccolte di immagini dedicate allo scienziato.

Ma torniamo a Creation. Il film, uscito nel 2009, anno darwiniano (150° anniversario della pubblicazione de L’origine delle specie e 200° anniversario della nascita di Charles Darwin) fin dalle prime battute chiarisce il proprio intento. La pellicola si apre infatti con una serie di immagini del mondo naturale con una forte potenza fotografica (il cosmo, le cellule, gli oceani, il cielo, le farfalle, un branco di animali in corsa e l’inizio della vita umana con la fecondazione di un ovocita) e un sottotitolo che è una vera e propria dichiarazione di intenti. Ci apprestiamo infatti a vedere una “cronaca di come è stata scritta quella che è stata definita l’idea più grandiosa nella storia del pensiero”, L’origine delle specie, appunto.

E a questo punto non siamo trascinati in una minuziosa descrizione delle tappe della ricerca scientifica di Darwin ma siamo piuttosto catapultati nella sua vita di uomo. Le prime battute vedono infatti impegnato lo scienziato in un dialogo con Annie, sua figlia: una dimensione quindi strettamente e dolcemente familiare.

Proprio la dimensione umana è il filo conduttore che ricorre in tutto il film. Darwin non viene tratteggiato semplicemente come lo scienziato che osserva e descrive la natura, la studia e fa esperimenti per meglio comprendere i meccanismi della selezione ma anche e soprattutto come un uomo che deve misurarsi con un rapporto matrimoniale, con i figli, con la malattia, con il dolore per la perdita della piccola Annie, con la morte e con Dio.

La storia scorre sotto i nostri occhi con un continuo altalenarsi di situazioni dolcemente amorevoli, ma anche strazianti: il desiderio ardente di portare a termine la scrittura del libro e la paura per le conseguenze che tale scrittura comporterà.

“Il mio amore per le scienze naturali è stato continuo e ardente. Tuttavia questo amore è stato molto sostenuto dall’ambizione di meritare la stima dei miei colleghi naturalisti. Fin dalla mia prima giovinezza ho concepito un vivo desiderio di capire o di spiegare tutto ciò che osservavo, cioè di raggruppare tutti i fatti sotto leggi generali. Questi fattori combinati mi hanno dato la pazienza e la capacità di riflettere e ponderare per anni su problemi insoluti”[2].

Tutti questi elementi – l’amore per la natura, il desiderio di affermarsi e di portare avanti la validità delle proprie riflessioni scientifiche, la pazienza e la costanza – sono fortemente presenti nel film.

Vediamo Darwin trasmettere la propria passione per la natura ai figli, attraverso la narrazione delle proprie avventure e grazie all’osservazione diretta di piante e animali, la vita immersa nella natura e nelle sue regole. Ma ancora soffriamo con lui per la perdita della piccola Annie e l’incapacità di comprendere un destino avverso ed infine lo troviamo dilaniato dalla paura. Sì perché Darwin è perfettamente cosciente dell’importanza e della dirompenza di ciò che sta scrivendo. Ne è ancor più cosciente perché a ricordarglielo è proprio l’ambiente familiare, l’amatissima moglie Emma, ardentemente credente.

Emma lo rimprovera: “Non potrai sorpassare le porte del Paradiso”, ma Charles, nonostante tutto continua con costanza, accompagnato tuttavia dalla paura: “Sono uno scienziato e non oso approfondire per la paura di vedere con maggiore chiarezza”.

La morte di Annie, il dolore per la sua perdita e il rimorso per non essere stato in grado di salvarla, sembrano trascinare Darwin in una spirale di dolore attonito, fin sull’orlo di abbandonare i propri studi e ricerche e il processo di scrittura. Ma proprio l’amore per i figli spinge lo scienziato a proseguire: “Devo ai miei figli il coraggio delle mie convinzioni”.

Così la scrittura riprende e si conclude fino a quando proprio la moglie Emma avrà il compito di leggere la prima copia del manoscritto e sarà proprio lei a doverne decidere il destino “Perché qualcuno dovrà pur stare dalla parte di Dio”. Ed Emma si rende conto dell’importanza dello scritto, spingendo Charles alla sua pubblicazione.

Non solo la nascita di una grande opera di immenso valore scientifico ma anche, se non soprattutto, una storia familiare, descritta con delicatezza e dolcezza.

Dal punto di vista cinematografico gli ingredienti ci sono tutti per la riuscita di un buon film: una coppia d’attori fortemente affiatati (Paul Bettany, che tra l’altro aveva già interpretato una figura ispirata a Darwin e ai suoi viaggi sul Beagle nel film Master & Commander  e Jennifer Connelly), una regia che racconta la storia attraverso un sapiente gioco di incastri, flash back, sogni e incubi, e infine un’ altrettanto efficace fotografia, con immagini di forte suggestione visiva. In questo senso il film mi ha ricordato un’altra pellicola, The Tree of Life[3]. Anche in quel caso le immagini della natura (dagli accadimenti dello spazio agli scenari naturali, ai microscopici movimenti cellulari), di una bellezza disarmante, raccontano la storia dell’evoluzione del mondo e si intrecciano alla narrazione di una storia umana (le vicende della famiglia O’Breian) per interrogarsi sul senso della vita.

È questo il messaggio più forte del film di Amiel: la forza di un uomo che si misura con le proprie debolezze e paure, facendosi scienziato e accettando la sfida della conoscenza.

Il film si conclude proprio così, con Darwin che cammina con passo traballante per rientrare a casa – riappropriandosi della propria dimensione familiare dopo essere riuscito assieme alla moglie a ricomporre il dolore per il lutto, mentre il suo Libro si avvia per la sua strada rivoluzionaria, per segnare per sempre la storia della scienza.

 


[1] Riprendo qui solo alcuni titoli: J. Epstein (1936) Pasteur | Dieterle (1936) The History of Louis Pasteur | Losey (1974) Galileo | Cavani (1968) Galileo | Brecht (1938) Vita di Galileo | Le Roy (1945) Madame Curie |  Fenwick (1989) Les Palmes de M. Schultz.

[2] C. Darwin, Autobiografia, Einaudi, 1962 (cit. in C. Darwin, L’origine delle specie, Bollati Boringhieri, 2011)

[3] The Tree of life, 2011, regia di Terrence Malick.

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