Gli scienziati cercano costantemente di individuare leggi che governano il mondo e di restituirci un’immagine coerente e “oggettiva” della natura che ci circonda. Tale tentativo è basato sull’identificazione di regolarità nei fenomeni osservabili, magari riconducendoli a costituenti elementari, mediante un fine, sebbene sempre perfettibile, processo di ricostruzione dei dati sensoriali, accessibili immediatamente o, sempre più spesso, ottenuti tramite l’uso di strumenti osservativi e il trattamento statistico.
Questa pratica consapevole, insita in tutti i livelli della scienza e denominata riduzionismo metodologico, è ritenuta necessaria per caratterizzare i processi studiati attraverso l’utilizzo del metodo scientifico e per proporre modelli standard da applicare nei diversi campi d’indagine.
Al di là della “riduzione per scomposizione” dei fenomeni osservabili è possibile poi identificare una vera e propria dottrina filosofica, il cui scopo ultimo è comprendere il processo di costruzione della conoscenza scientifica stessa. Tale corrente, definita riduzionismo, dibatte da secoli ormai, sulla possibilità o meno di ridurre una teoria scientifica a un’altra, una disciplina scientifica a un’altra, l’intero alle sue parti.
Una domanda a cui tutti, sia scienziati che filosofi, cercano di trovare una risposta è se l’addizione dei fenomeni elementari possa restituire o meno, come nella costruzione di un puzzle, una visione chiara della realtà nella sua interezza. In poche parole, la comprensione di ciò che si presenta come “semplice” è necessaria per comprendere ciò che è complesso? E se sì, è anche sufficiente?
Oggi più che mai, nell’ambito economico come in quello medico, pare non basti sommare i singoli elementi noti per ricostruire globalmente i fenomeni complessi; insomma, come direbbe un famoso attore e scrittore del secolo scorso, Antonio de Curtis (in arte Totò): qua la somma non fa il totale!
Uno dei fattori che limitano un approccio riduzionistico potrebbe essere proprio la tendenza della comunità scientifica a procedere per approssimazioni non sistematiche e l’utilizzo di un metodo che tende comunque a organizzare i dati empirici in uno schema di massima generalità. Questo atteggiamento porta, infatti, a cadere nell’incorreggibile opportunismo per cui l’attività scientifica tende alla mera costruzione di modelli che devono essere compatibili statisticamente con i dati, evitando una profonda comprensione dei fenomeni.
Sempre più spesso, poi, osservazioni a prima vista indipendenti, guardate attraverso una prospettiva nuova, rivelano aspetti diversi dello stesso fenomeno; allora campi apparentemente separati vengono unificati e si ottengono progressi tali per cui una visione unitaria del mondo sembra, seppur solo temporaneamente, davvero possibile.
Assistiamo, dunque, a una crescente presa di coscienza delle limitazioni metodologiche, derivata anche e soprattutto da una nuova organizzazione della ricerca in discipline diverse che reclamano reciproca complementarietà. Se a questo aggiungiamo che è in corso un inesorabile processo di integrazione e interdipendenza tra lo scienziato, le tecnologie e gli strumenti utilizzati, macchine sempre più sofisticate capaci di prevedere, modellizzare e analizzare una gran quantità di dati contemporaneamente, ci rendiamo conto di quanto necessaria sia una ridefinizione continua di termini come riduzione, compatibilità e modellizzazione.
La giornata tematica “La somma non fa il totale. Riduzionismo e scienza” del 16 maggio 2019 darà ai partecipanti l’opportunità di riflettere su quelli che sono i limiti e i vantaggi offerti da un approccio riduzionistico, alla luce delle conoscenze scientifiche attuali e delle proprietà emergenti della scienza e della società contemporanee. Fondamentale sarà il confronto tra esperti che ogni giorno si trovano a dover scegliere quali approcci e visioni siano i più efficaci da adottare nell’ambito della propria disciplina.
L’incontro vuole, anche e soprattutto, rappresentare un momento di riflessione e diffusione delle modalità con cui la cultura scientifica si crea, sottolineando e argomentando l’attendibilità ma non l’infallibilità della scienza. Questa, infatti, si fonda su esperienze dettagliate ma parziali e non pretende di poter fornire una visione definitiva e completa della realtà.