Se a dare una prima prova delle potenzialità dell’intelligenza artificiale al grande pubblico è stata una partita a scacchi, il presente procede in un’altra direzione. Watson – subito dopo la parentesi televisiva a Jeopardy! – è stato impiegato nel settore sanitario come supporto decisionale: benché IBM abbia diversificato gli investimenti, l’adozione della propria tecnologia in medicina al momento ha conseguito i risultati più significativi. Oltre a Big Blue, anche Microsoft e Google sono impegnati nel progresso della IA per la salvaguardia della salute; a raggiungere i consumatori, tuttavia, ora sono le startup statunitensi che scommettono sulla internet delle cose. Applicazioni e accessori per gli smartphone permettono già di avvalersi del supporto dell’intelligenza artificiale nella diagnosi delle patologie e nel controllo delle funzioni vitali, sebbene il loro corretto funzionamento non sia ancora certificato dalle autorità degli Stati Uniti d’America se non in una circostanza.
IDx-DR è il primo e unico presidio medico-chirurgico assistito dall’intelligenza artificiale per la diagnosi della retinopatia diabetica a essere stato autorizzato dalla FDA: questo dispositivo, a ogni modo, dev’essere utilizzato da operatori formati. È il motivo per cui un altro strumento, iQ di Butterfly, non ha ottenuto la stessa certificazione; parliamo di un ecografo a basso costo (al di sotto dei duemila dollari) che può essere collegato a iPhone per restituire immagini a ultrasuoni del corpo umano. Nonostante un medico nordamericano, ricorrendo a esso, nel 2017 abbia diagnosticato con successo il proprio cancro, un rischio è che i comuni cittadini possano auto-convincersi di avere contratto una patologia inesistente. Pericolo che ha convinto i produttori a riservarlo in esclusiva agli specialisti. Quello dell’automedicazione è un problema che proprio la IA potrebbe risolvere, almeno in parte, grazie a un progetto della Mayo Clinic statunitense che ha realizzato un bot per Alexa.
Poiché i pazienti tendono sempre più spesso ad affidarsi alle risposte che trovano sul web prima di rivolgersi a un medico o persino in alternativa a esso, la Mayo Clinic ha pensato d’affidare a un’applicazione il compito di rispondere loro. Installata sull’altoparlante intelligente di Amazon, questa è capace di comprendere il linguaggio naturale dell’utente e di connettersi a un archivio di big data che restituisce una serie di consigli approvati dai professionisti del settore.
Le opinioni sull’impiego dell’intelligenza artificiale nell’assistenza sanitaria sono comunque divergenti: alcuni esperti – come affermava il radiologo Paul Hsieh su “Forbes” nell’aprile dello scorso anno – sostengono che gli algoritmi sul lungo periodo sostituiranno gli operatori, altri (come riprendeva il professore Robert Pearl sulla stessa testata in marzo) preferiscono frenare gli entusiasmi. Sembra realistico ipotizzare che l’impiego della IA possa affiancare le tecniche consolidate, anziché rimpiazzarle.