La mistificazione dei commenti che hanno accompagnato la storica sentenza del tribunale italiano contro gli scienziati che componevano la Commissione grandi rischi dopo il terremoto a L’Aquila impone, a distanza di tempo, riflessioni che vadano oltre il merito stesso della sentenza. Rilevante, ai fini di un dibattito esauriente tra esperti di campi diversi del sapere, non è tanto chi ha torto o ha ragione, ma perché si sia fatta tanta confusione narrativa a fronte di una sintesi chiara degli assunti di fondo dell’impianto accusatorio. Se ne discuterà nel convegno organizzato dal Centro MaCSIS, in collaborazione con Scienzainrete, giovedì 30 maggio dalle 9 alle 17 presso l’Aula de Lillo dell’edificio U7 dell’Università di Milano-Bicocca.
Prendere decisioni in condizioni di incertezza costituisce una fonte di valori per la comunità, ma si direbbe che in Italia manchi una “cultura del rischio”, una cultura che si costruisce e si insegna, non si improvvisa. E i media, anche il giornalismo scientifico, devono aver risentito di questa carenza culturale. La confusione mediatica alla sentenza potrebbe infatti essere letta come l’esito spontaneo di un Paese – di una cultura – che non ha (avuto) categorie all’altezza della situazione (oltre ai soliti personalismi e ai toni esasperati).
Il cittadino tuttavia non sembra più disposto a farsi trattare da “eterno bambino”: il web ha dimostrato (dimostra) un’orizzontalità del sapere. L’esperto si trova spesso spiazzato da questi nuovi cittadini esigenti e informati, come lo è il medico che non vuol sentire quel che il paziente ha trovato su Internet (al di là di ciò che ha trovato). La rete appare come un sintomo che qualcosa non funziona e conferma quel “fastidio” crescente verso una cultura paternalistica che “tranquillizza”, come hanno fatto gli esperti della Commissione grandi rischi, e non tiene conto della incertezza del processo scientifico e della complessità dei messaggi da trasmettere.
La mistificazione della comunicazione a L’Aquila non riguarda solo il terremoto del 2009 ma anche quello che è accaduto dopo. Tanto da far parlare di due terremoti. Il secondo è stato quello operato con la disconnessione, attraverso il trasferimento forzoso e di massa degli aquilani fuori dalla città, che ha separato le persone dalle proprie vite, e le ha tenute lontane dalla possibilità di compiere scelte. Cosa che ha reso sempre più passivi i cittadini, e ha avuto l’effetto di frammentare, oltre ai luoghi e agli spazi, il tempo di una comunità. Ha separato il tempo delle persone da quello della città; il tempo di una parte delle persone da quello di altre.
Questi i temi principali che verranno affrontati durante la giornata, coordinata dalla giornalista scientifica Gianna Milano, che si aprirà con gli interventi di Ranieri Salvadorini, giornalista scientifico freeelance; Anna Pacifica Colasacco, blogger aquilana, attuale portavoce dell’Assemblea cittadina; Antonello Ciccozzi, docente di Antropologia culturale presso l’Università dell’Aquila e consulente per la Procura nel processo alla CGR; Adriano Zamperini, docente di Psicologia sociale presso l’Università di Padova. Nella sessione pomeridiana si terranno gli interventi di Maria Chiara Tallacchini, docente di Filosofia del diritto presso l’Università Cattolica di Piacenza; Luca Masera, docente di Diritto penale presso l’Università di Brescia; Andrea Cerroni, docente di Sociologia e comunicazione della scienza e direttore del Master MaCSIS presso l’Università di Milano-Bicocca.
La partecipazione è aperta a tutti.
Sarà possibile seguire il convegno in diretta streaming (anche su Scienzainrete) e porre domande via Twitter sul canale @colpodiscienza con l’hashtag #sentenzaAquila.
Locandina dell’evento: