La popolazione mondiale è aumentata da uno a sette miliardi di persone in un secolo. Da anni si valutano diverse tecniche di coltura che forniscano alimenti per tutti gli abitanti del Pianeta ma oggi la sfida sembra essere tra il cibo biologico e gli OGM. Mettiamoli a confronto.
Personaggi conosciuti, come ad esempio Umberto Veronesi, si sono espressi a favore degli OGM come “unica soluzione per garantire quantità sufficiente di cibo per la popolazione del futuro”. Che cos’è però un organismo geneticamente modificato? Non è altro che un essere vivente che possiede un patrimonio genetico modificato tramite tecniche di ingegneria genetica, che consentono l’aggiunta, l’eliminazione o la modifica di elementi genici.
Secondo Veronesi, sia il mandarancio sia il mulo sono OGM, in quanto sono prodotti da mutazioni genetiche. Il mandarancio è stato ottenuto mediante una tecnica chiamata cisgenica, che richiede diversi anni di prove e quindi un notevole impiego di risorse economiche e tempo. L’ingegneria genetica moderna invece permette di trasferire un gene d’interesse da un genoma a un altro.
Gli OGM sono stati presentati come unica via per riuscire ad alimentare la popolazione mondiale, che nel 2050 si pensa, sarà di nove miliardi. Coloro che sono a favore degli OGM sostengono che i metodi di coltivazione tradizionali non riusciranno a sfamare tutte le persone del pianeta e a tutelare l’ambiente allo stesso tempo. E quindi tanto meno ci riuscirà la coltivazione biologica.
Bisogna quindi affidarsi all’ingegneria genetica per produrre vegetali più sani e amplificare le proprietà terapeutiche contenute nei vari cibi proprio per favorire la salute delle persone?
Associazioni come Greenpeace sono invece contrarie alla coltivazione e commercializzazione di prodotti geneticamente modificati. Da anni lottano contro questo fenomeno fornendo le prove della dannosità di questi prodotti agricoli. Nel 1998 l’Ue autorizzò la coltivazione del MON810, una varietà di mais geneticamente modificata. Nel genoma del nuovo mais “BT” era stato introdotto il gene del batterio Bacillus turingensis che produceva una tossina contro il principale parassita della pianta. La coltivazione del primo mais BT ebbe uno scarso successo in termini di superficie coltivata e da un posteriore esame dell’EFSA (Autorità Europea per la sicurezza alimentare) la coltivazione di mais BT risultò associata a rischi ambientali. In pratica, dopo qualche anno di coltivazione, nonostante fossero state attivate delle strategie di prevenzione, la specie bersaglio presentava resistenze alla tossina Cry1AB, con il conseguente aumento nell’uso di pesticidi e l’impatto ambientale che ciò comportava. La diminuzione del parassita del mais determinò l’aumento di altri parassiti ed ebbe un impatto negativo sulle specie predatrici del principale parassita della pianta. Si verificò, inoltre, la persistenza di questa tossina nei corsi di acqua vicini alle coltivazioni transgeniche. La causa è molto semplice: mentre la tossina prodotta dal batterio è inattiva e si attiva solo dopo che è stata ingerita dal bersaglio, quella prodotta dal mais BT viene subito attivata. Questa tossina attiva è quindi pericolosa per insetti non bersaglio e si accumula nel prodotto, nella catena alimentare e nel terreno, secondo una pubblicazione sulla rivista “Ecologist”.
Considerando i fatti, lo scorso 17 febbraio, con riferimento al Consiglio di Affari Generali del 16 febbraio, l’Italia e altri undici paesi membri hanno fatto una richiesta formale per vietare la coltivazione di un nuovo mais transgenico, il mais Pioneer1507. Durante il dibattito, i ministri di 19 Paesi hanno espresso parere contrario agli OGM in una seduta in cui la procedura di voto è stata interrotta dalla presidenza greca, che ha lasciato la decisione nelle mani della Commissione. Il mancato voto comporta, secondo la Commissione, l’obbligo dell’approvazione della direttiva. Il 3 marzo, dalla riunione del Consiglio Ue, si è rilevato necessario uno strumento semplice che consenta la limitazione o divieto di coltivazione di OGM per motivi socio-economici e di salute.
All’ingegneria genetica si oppongono fortemente quelli che invece puntano sulla coltivazione biologica per assicurare cibo di qualità e sufficiente per tutti. Sostengono che l’aumento del prezzo dei cereali sia dovuto al loro dirottamento dall’alimentazione umana all’uso zootecnico o al loro utilizzo come biocarburanti e non alla loro diminuzione. Ritengono che l’ingegneria genetica sia una scelta rischiosa e costosa per gli agricoltori che mette la biodiversità del pianeta in serio pericolo di contaminazione in maniera tanto imprevedibile quanto incontrollabile. Bisognerebbe, quindi, apportare alcune modifiche al nostro modo di accrescere la produzione ponendo fine ai metodi di allevamento industriale che danneggiano la nostra salute e il pianeta. Ad esempio con la riduzione del consumo di carne a un massimo di 90g al giorno e l’utilizzo degli avanzi di cibo come mangime per gli animali di allevamento.
Nonostante gli OGM siano stati presentati come la soluzione per sfamare il mondo per via delle rese elevate, c’è chi argomenta che in diversi casi la resa dell’agricoltura transgenica sia minore di quella convenzionale e di quella biologica. Anche se nei paesi dove l’agricoltura è molto industrializzata, la forzatura con concimi chimici e diserbanti assicura rese maggiori rispetto al biologico, a lungo andare tali forzature finiscono per esaurire l’humus dei terreni causando il crollo delle rese, così come è già accaduto in alcuni paesi a causa dell’erosione e della desertificazione.
L’agricoltura biologica è di gran lunga più rispettosa dell’ambiente. Innanzitutto sostiene l’agricoltura a “Chilometro zero” utilizzando così meno energia fossile e prevede l’utilizzo di fertilizzanti naturali determinando una minor quantità di emissioni di gas serra. Inoltre, le colture biologiche richiedono meno acqua per via del fatto che le piante vengono coltivate là dove meglio si adattano e l’utilizzo di concimi organici favorisce la ritenzione d’acqua nel terreno. La rotazione, la consociazione e le colture miste assicurano al terreno una copertura quasi continua, a differenza del metodo tradizionale. Il metodo di coltivazione biologico ha un ridotto impatto sugli insetti, piccoli mammiferi e uccelli e, se da un lato con un sistema agricolo completamente convertito al biologico dovremmo adattarci a consumare un po’ meno cibo di quanto facciamo abitualmente, dall’altro lato molti studi dimostrano che gli alimenti biologici sono più ricchi di nutrienti. Sono stati rilevati livelli più elevati di elementi nutritivi essenziali tra cui ferro, magnesio, fosforo e vitamina C. Di contro gli alimenti biologici contengono una quantità inferiore di nitrati, tossici per l’organismo.
Due punti di vista contrapposti dunque che però concordano sul fatto che bisogna cambiare le abitudini alimentari, iniziando a diminuire il consumo di carne, in modo da assicurare cibo a tutti gli abitanti del Pianeta.